ateatro 144.77 8/20/2013 Speciale Angélica Liddell Liddellquotes Appunti tratti da dichiarazioni rilasciate da Angélica Liddell a Venezia Biennale Teatro 2013 di Vincenza Di Vita
Ossessioni, trilogie contro tutti non c’è foglio bianco, la capacità di umiliazione è un’espressione cruciale. Le circostanze, la tristezza impongono una presa di posizione, un atteggiamento. All’inizio, e ancora oggi, in alcune occasioni attingo dal mio quaderno, da disegni, c’è stato un tempo in cui scrivevo tantissimo, prendevo appunti di qualunque cosa sentissi o vedessi. Bisogna dare importanza assoluta al caos, si passa da una sicurezza alla necessità di dare ordine al caos. L’espressione è un mistero e mi porta al sacro attraverso l’ossessione. Senza avere bisogno di teoria o di giustificare il sacro. Si tratta di una liturgia messa in atto da una “macchina vocale”, .
Cinque mesi di lavoro intenso perché mi attraversasse Ricardo. La partitura è come un concerto rock, ho pensato che Riccardo volesse diventare una rockstar. I miei stati d’animo sono stati trasferiti a Riccardo, io gli ho conferito le mie depressioni. Il momento in cui nasce il mio Riccardo è stato un momento di tanti Riccardi tanti colleghi registi infatti si sono interrogati sul potere, lo stesso Rigola, ad esempio, decide di concludere la sua trilogia scespiriana con il Riccardo III nel 2005, proprio nel medesimo anno del mio.
Il corpo definisce una persona dalla nascita alla sua morte, come oggetto della violenza, il corpo sulla scena si dà come sacrificio.
Io penso di fare qualcosa di molto antico qualcosa che sa di “antichità” ma non di tradizione. Tuttavia l’arte che ci precede costituisce la consapevolezza della tristezza, insita nell’origine umana. Ciascuno ha cercato di riutilizzare la corruzione, la violenza. Io voglio sempre parlare di ciò che ci appartiene, di ciò che è impossibile da sradicare, dei pagliacci, dei buffoni, di un qualche Berlusconi che c’è sempre e sempre ci sarà e così ci sarà un Riccardo buffone, qualcuno che ha sfruttato l’umanità, perciò non mi va di analizzare un qualche legame con la tradizione. Non m’interessa l’idea di comunità, ho cominciato una trilogia cinese, sui danni provocati dai regimi, mettere al di sopra della conoscenza umana l’ideologia, questo m’interessa; ma è più coraggiosa la libertà di espressione.
Io faccio teatro antisociale contro quest’uomo medio, uomo imbruttito dall’educazione che rende ignoranti, insensibili bambini che diverranno uomini mediocri.
Il teatro non può cambiare la gente. Il teatro è incontro di sensibilità e se non formiamo sensibilità attraverso il teatro, a scuola, non abbiamo fatto nulla. Capire il mondo, sorprendersi, emozionarsi. Io non posso fare niente da sola deve esserci un desiderio d’incontro da parte del pubblico. Ciò che si può fare è creare un vincolo tra il teatro e l’opera. Gli insegnanti e i politici dovrebbero cambiare ma il teatro può da solo fare ben poco.
Il teatro è più interessante vederlo che leggerlo.
La parola è un diritto ed è ciò di cui è fatta la poesia e ciò che ci parla di noi stessi. Il fatto che gli ebrei si siano messi a scrivere rende più forte e vero il dramma che hanno vissuto, degli armeni non sappiamo nulla perché nessuno ha scritto del loro genocidio. Franco, Hitler provano invidia nei confronti di coloro che stanno uccidendo, invidia per le forme di espressione, perciò Riccardo III ha la pretesa di essere un poeta, perché invidia i poeti, ma diviene solo un mediocre.
Riconoscere se stessi come esseri umani con luci e ombre, molti autori sono mercenari ma non si conoscono. Io ho parlato di emozione, io voglio emozionare il pubblico, voglio sentire ciò che si prova quando si comincia a dire la verità nell’intimità. L’emozione è un veicolo per l’intelligenza.
L’attore dovrebbe comportarsi come un poeta, non c’è distanza.
Scrivere da luoghi intimi poetici quando c’è questa sincerità con se stessi allora mi sembra si tratti di un buon inizio per l’onestà.
Attraverso l’estetica e la forma risolviamo il dramma.
Io non potrei fare cose di persone che ammiro.