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ISSN 2279-9184

ateatro 142.95
2/17/1012 
I Premi Ubu dal passato al futuro
Le proposte di modifica: la giuria, il regolamento, i rapporti istituzionali
di Oliviero Ponte di Pino (*)
 

(*) membro del direttivo Associazione Ubu per Franco Quadri.

Sono ormai due le edizioni del Premio Ubu “senza Franco”, assegnati in due emozionanti serate al Piccolo Teatro “Paolo Grassi”.
Il bilancio è senz'altro positivo. Dopo la scomparsa del suo fondatore e animatore, non era affatto scontato che l'iniziativa potesse avere un seguito e mantenere la sua autorevolezza. La vitalità del Premio Ubu, con il successo di pubblico e di stampa delle due serate, è una conferma della bontà dell'idea originaria e dell'utilità di un riconoscimento che ormai fa stabilmente parte del panorama teatrale italiano. Una ulteriore riprova viene dal fatto che i premiati segnalino con enfasi il riconoscimento ricevuto nella documentazione che producono, nei loro curricula e nelle inserzioni pubblicitarie degli spettacoli).
Va subito aggiunto che dare continuità all'iniziativa non è stato facile, in primo luogo per l'esiguità delle risorse. Nel 2011 è stato possibile organizzare la serata grazie al contributo una tantum (purtroppo!) di Unicredit, nel 2012 grazie al sostegno del Comune di Milano-Assessorato Cultura, Moda e Design, e delle quote delle iscrizioni alla Associazione Ubu per Franco Quadri. Anche per questo assumono grande valore la fiducia e l'ospitalità del Piccolo Teatro di Milano, che ha accolto le serate al Teatro Grassi, sostenendo anche tutti i costi “tecnici”.
Il merito del successo va condiviso anche con i piú di sessanta critici e studiosi (di tutte le tendenze) che hanno partecipato alle votazioni, e che hanno così contribuito anche a rafforzare l'identità e la credibilità del premio.
Un altro risultato positivo è la realizzazione dell'elenco degli spettacoli della stagione, uno strumento ritenuto indispensabile per i votanti, visto che contiene gli spettacoli che hanno debuttato nella “finestra temporale” presa in considerazione in ciascuna votazione (1° luglio-30 giugno), con funzione di promemoria, sia per gli spettacoli inclusi sia per quelli esclusi dalle candidature. Una quota significativa del budget delle edizioni 2011 e 2012 del Premio Ubu è stata destinata proprio ai redattori che hanno inserito le produzioni nel database (che è a disposizione di tutti, indicizzato e ricercabile alla pagina www.ateatro.org/premioubu2012.asp). L'iniziativa è ancora più significativa perché si pone in continuità con il Patalogo e con l'elenco degli spettacoli della stagione che apriva ogni edizione dell'Annuario del teatro curato da Franco Quadri: questo censimento, che procede ormai dal 1978, è da oltre trent’anni un prezioso patrimonio di tutto il teatro italiano.
In questi due anni, il Premio Ubu è dunque riuscito a darsi continuità, cercando di mantenere le proprie caratteristiche e la propria unicità, tra mille altri premi teatrali attivi oggi nel nostro paese. Tuttavia non può restare immobile, uguale a se stesso. Deve evolvere. O meglio, deve continuare a evolvere, così come ha fatto con la guida di Franco Quadri per più di trent'anni: come ha dichiarato Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro, a Sara Chiappori “lo spirito originario va mantenuto, ma con il coraggio di una nuova interpretazione, di nuovi metodi e strumenti” (“la Repubblica”, 11 dicembre 2012).
Proprio per questo sono particolarmente utili le sollecitazioni arrivate ai curatori del premio, sia da altri autorevoli uomini di teatro, sia dalla stampa, sia dagli stessi giurati, su differenti versanti.


La composizione della giuria

Per l'edizione 2011 si era deciso di mantenere stabile la composizione della giuria, ma già nell'edizione successiva è stato deciso di cambiarne leggermente la composizione. Sono infatti stati chiamati a partecipare tre nuovi critici-studiosi; mentre alcuni giurati “storici” non hanno partecipato alla votazione, perché assurti a ruoli direttivi in importanti realtà teatrali italiane, oppure perché spettatori non sufficientemente “assidui” nella stagione di riferimento. Insomma, la composizione della giuria continua inevitabilmente a cambiare, cercando di restare fedele ai criteri seguiti da Franco Quadri: serietà e indipendenza dei giurati, una base sufficientemente ampia per rappresentare una realtà variegata e dispersa sul territorio e dunque di intercettare il “nuovo”, ovunque si presenti. Da questo punto di vista, l'evoluzione della giuria riflette la necessità di un ricambio generazionale.
Una seconda criticità riguarda la provenienza geografica dei giurati. L'aveva segnalata nel 2011, con la consueta franchezza, Simone Nebbia su “Teatro & Critica”: “Abbiamo rintracciato una tendenza nord-centrica che marginalizza il centro sud Italia e lanciato un nuovo capitolo del discorso attorno alla credibilità di un premio che troppo poggia sulla capacità di giro, sia degli spettacoli che dei giurati votanti”; la “tendenza territoriale si dimostra evidente dalla provenienza (stanziale, dunque) dei giurati: su 53 soltanto 17 sono sotto Firenze che ne ha 4, con 14 romani e 3 miseri sotto Roma”. Questa “tendenza padana” era stata rimarcata anche da Camilla Tagliabue: “Si ha la sensazione, più che in passate edizioni, che gli Ubu 2011 siano stati assegnati con il manuale Cencelli (...) l’alloro più ambito (...) è andato a Dopo la battaglia (...) e The History Boys (...), prodotti rispettivamente da Emilia Romagna/Roma e Milano, i tre centri del potere teatrale. Eppure la geopolitica sta cambiando (...) Nord, comunque, straccia Sud: Napoli non pervenuta e il leccese Mario Perrotta si aggiudica un riconoscimento speciale” (“Il Fatto Quotidiano”,16 dicembre 2011).
Per quanto riguarda il "manuale Cencelli", una giuria abbastanza numerosa e che non prevede riunioni plenarie o assemblee, operando in una dinamica di referendum, ne rende praticamente impossibile l'applicazione: caso mai a spingere verso la concentrazione dei voti è il meccanismo del ballottaggio.
La risposta più efficace alla "perplessità geopolitica" è arrivata dalla stessa Camilla Tagliabue, nel pezzo che ha dedicato all'edizione 2012: “Luca Ronconi (…) è rimasto a bocca asciutta, e con lui il Piccolo Teatro di Milano. Ma è tutta la città a uscire sconfitta a favore del Sud”, e segue l'elenco dei “sudisti” trionfatori nel 2012, da Antonio Latella a Lino Fiorito, da Saverio La Ruina a Daria Deflorian, da Lucia Calamaro a Punta Corsara... (“Il Fatto Quotidiano”, 11 dicembre 2012).
Sempre sul versante della composizione della giuria, Elio De Capitani, pluripremiato Ubu, suggerisce un cambiamento radicale: “Propongo che nella giuria entrino anche gli artisti premiati e con i critici vadano a formare una patafisica antiaccademia teatrale. Perché mantengano autorevolezza devono creare adesione, partecipazione, coinvolgimento. Devono essere una festa di tutti” (“la Repubblica”, 11 dicembre 2012). Al di là del fatto che le due serate al Piccolo Teatro sono state senz'altro caratterizzate da grande “adesione, partecipazione, coinvolgimento” del mondo teatrale, il suggerimento di De Capitani porta senz'altro molto lontano dall'ispirazione iniziale di Franco Quadri e dalla sua valorizzazione del ruolo specifico dei critici e degli studiosi di teatro. Del resto non mancano in Italia esempi di riconoscimenti nati con le migliori intenzioni e progressivamente risucchiati da logiche corporative e autocelebrative.


Il lavoro dei giurati

Un secondo livello di criticità viene rilevato da un altro membro di “Teatro & Critica”, il direttore della rivista Andrea Pocosgnich, uno dei nuovi membri della giuria del Premio Ubu: “Neanche nel migliore dei mondi possibili ogni critico/giurato riuscirebbe ad assistere a tutti gli spettacoli prodotti nel Paese, ma il fatto che questo non avvenga neppure per gli spettacoli finalisti mette decisamente in crisi l’intero metodo di valutazione” (Lettera aperta all'Associazine Ubu per Franco Quadri).
Andrea Pocosgnich propone un'ambiziosa soluzione: “Progettare una festa del teatro, un momento di trasparente dibattito. Che si apra un tavolo progettuale per trovare le risorse economiche, i partner e gli spazi con i quali creare, in una tempistica di 2/3 anni, un modello chiaro e funzionale. Una strada percorribile potrebbe essere quella di relazionarsi con più soggetti produttivi nell’ottica di istituire delle giornate nelle quali spettatori e giurati possano assistere a tutte le opere finaliste, sarebbe una festa del teatro e un importante momento di riflessione per critici, studiosi e appassionati.” La proposta riprende quella già lanciata una anno prima, sempre su “Teatro & Critica”, da Simone Nebbia, quando chiedeva “una vera e propria rassegna” dove “si portino in scena gli spettacoli, tutti i giurati li vedano, una vera settimana della critica con tanto di concorso”.
Le nuove produzioni censite nell'elenco compilato per i giurati sono state, nel 2010-11 e nel 2011-12, più di 700 per ogni stagione. Quelle ammesse al ballottaggio finale (le terne, con eventuali ex-aequo, nelle varie categorie) sono state almeno una ventina al stagione, sia nel 2011 sia nel 2012. Sarebbero questi gli spettacoli che la giuria dovrebbe giudicare, dopo averli visionati alla “festa del teatro”, per assegnare il Premio Ubu.
A Pocosgnich ha risposto su “Venezia Musica” Roberta Ferraresi (un'altra neo-giurata, assai attiva sul piano editoriale e online sul Tamburo di Kattrin): “Senza valutarne la realizzabilità in senso economico e organizzativo – posto che, nel momento in cui l’iniziativa passasse di mano alle strutture produttive, si concretizzerebbe un orizzonte di conflitto difficilmente gestibile –, questa stimolante idea sul modello del tedesco Theatertreffen rischia di restare un'interessante utopia.” Insomma, al di là delle difficoltà finanziarie e pratiche pressoché insormontabili, nota Ferraresi, una proposta di questo genere finisce per ricondurre il premio all'interno delle logiche del teatro italiano, rischiando di comprometterne l'indipendenza e alla lunga l'autorevolezza.
Per quanto riguarda la composizione della giuria, si è già accennato all'inevitabile ricambio, che è già in corso. Il direttivo della Associazione Ubu per Franco Quadri ha ricevuto alcune candidature (e autocandidature), e altre presumibilmente ne riceverà in futuro: verranno tutte vagliate con la massima cura.


Le categorie

Un secondo versante di criticità viene rilevato da Claudia Cannella, in una mail all'Associazione Ubu per Franco Quadri: “Forse anche le categorie del premio andrebbero adeguate ai tempi...”.
Renato Palazzi, nell'accompagnare le sue candidature al primo turno, scriveva: “Urge, forse, individuare nuove categorie che consentano di diversificare meglio, di distinguere tra creazioni fortemente innovative, come Reality, per fare un esempio, e spettacoli di grande respiro produttivo come The Coast of Utopia, che chiaramente non possono essere valutati con lo stesso metro".
Alla prova dei fatti, i due spettacoli indicati da Palazzi hanno vinto entrambi premi “maggiori”. Di fatto, all'interno del meccanismo del Premio Ubu esiste da sempre la possibilità di valorizzare produzioni e realtà “anomale” e “fortemente innovative”, grazie alla categoria delle “segnalazioni”. La storia di questi decenni dimostra che molte realtà scoperte e lanciate da un riconoscimento in questa categoria sono poi approdate ai premi maggiori.

Sono poi arrivate alcune proposte specifiche sulle diverse categorie in cui è articolata la scheda di votazione.
Nella sua Lettera aperta, Andrea Pocosgnich esprime i suoi dubbi su diverse denominazioni. In primo luogo la “Regia”: “Possiamo pensare ancora alla regia come quell’attività che ha il compito di far confluire insieme tutte le pratiche e le professionalità del teatro dirigendole come si dirige un’orchestra? Che fine fanno le regie collettive oppure, al contrario, gli artisti che lavorano solo su se stessi?”.
Perplessità da parte di Pocosgnich anche sulla categoria “Attore” (“Reputiamo sia utile sostituirlo o affiancarlo con il termine performer”) e su quella “Attore/attrice protagonista e non protagonista” (“Risultano estremamente limitanti perché legate a un modello di teatro che è uno e uno solo dei tanti, legato a certe forme codificate, cui non tutti i lavori contemplati nella valutazione fanno riferimento”).
Elio De Capitani propone invece di inserire un'ulteriore categoria, “Costumi”: “Assurdo che non ci sia”; Roberta Ferraresi suggerisce di inserire le “Musiche”.
Nell'insieme, i suggerimenti rientrano in due tipologie. Da un lato si suggerisce una diversa dicitura per alcune categorie già presenti. Dall'altro si propone l'inserimento di nuove categorie. O meglio, in diversi casi, il loro reinserimento: nelle prime edizioni del premio erano infatti previsti riconoscimenti sia per i “Costumi” (a partire dal Patalogo uno) sia per il “Miglior spettacolo con musiche” (a partire dal Patalogo due). Ben presto era stato ritenuto opportuno far cadere queste categorie, perché difficilmente si approdava a risultati significativi: proprio per questo era stata coniata una nuova “categoria-ombrello”, “Risultati tecnici da segnalare” (dal Patalogo quattro), diventata poi – attraverso varie denominazioni - il più generico “Segnalazioni” (a partire dal i>Patalogo nove).
Commenta la stessa Roberta Ferraresi, sul versante della precisione nomenclatoria e delle categorizzazioni: “L’elasticità di tali divisioni [tra categorie, n.d.r.] è stabilita innanzitutto dai referendari che le votano: un indizio, per quanto riguarda la categoria ‘attore’, è la presenza (peraltro non inedita) di uno dei più affermati prototipi dell’attore-autore italiano, Saverio La Ruina. Oppure, basti pensare al recente predominio di una generazione tutta nuova di registi che – proprio in questi anni in cui la categoria sembra in crisi, guadagnando un proprio prefisso ‘post-’, e proprio in un Paese dove, a differenza della scena internazionale, non l’ha mai fatta veramente da padrona – da qualche tempo sta scuotendo i palcoscenici nostrani: quest'anno presente con Antonio Latella e Marco Tullio Giordana, ma anche, negli anni scorsi, con il coreografo Virgilio Sieni. Definizioni più precise – come è stato proposto – volte a introdurre la cosiddetta ‘ricerca’, la danza o la performance, oltre a contraddire in parte il piglio transdisciplinare che distingue i Premi fin dall’origine, rischierebbero forse di valorizzare ulteriormente divisioni e promuovere addirittura ghettizzazioni”.
Roberta Ferraresi identifica poi alcune “categorie di fatto” non ufficiali emerse dai risultati di questi anni: “Basti pensare alla consistente presenza di alcune strutture che si distinguono per particolari slanci produttivi, (…) realtà che propongono progettualità culturali di ampio respiro, (…) il versante pedagogico-formativo”. Del resto è propria questa una delle caratteristiche del Premio Ubu: “Non si limita al livello estetico”, ma “lascia emergere le pressioni produttive e il lavoro dei tanti spazi che costellano la penisola, così come il lavoro dei numerosi maestri che si muovono oggi dentro e – soprattutto – fuori il teatro”.


Rapporti con le istituzioni

Un ultimo fronte riguarda il ruolo e i rapporti istituzionali del Premio Ubu. Scrive, sempre nella sua mail, Claudia Cannella: “Forse bisognerebbe convincere un’istituzione (...) a farsi patron del Premio, che poi gestirebbe in accordo con l’Associazione...”.
Attualmente l'unico partner istituzionale del Premio Ubu (attraverso l'Associazione Ubu per Franco Quadri che lo cura) è – tramite l'Assessorato Cultura Moda e Design – il Comune di Milano (che si può dire da sempre partner del Premio, con piccole interruzioni). Il Premio Ubu si celebra da sempre a Milano, a Milano ha sempre avuto sede la Ubulibri. Anche in considerazione della “milanesità” di Franco Quadri, l'archivio della Ubulibri-Franco Quadri è affidato a un'istituzione cittadina come la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori.
Negli scorsi mesi, sono stati presi (o richiesti) contatti con realtà che operano in altre città italiane, e che potrebbero proporsi di ospitare la manifestazione.


Di tutto questo, ne discuteremo a Milano

Quelli qui raccolti sono alcuni dei suggerimenti ricevuti, in via privata o pubblicamente, sull'evoluzione del Premio Ubu. Sono tutte proposte che meritano di essere discusse nel merito, anche a partire dal dibattito che si è già aperto, fuori e dentro l'Associazione, e che può arricchirsi di ulteriori contributi.
Alla prossima Assemblea dell'Associazione Ubu per Franco Quadri, in programma a Milano il 23 marzo (data da confermare), i soci potranno approfondire i diversi punti.

 

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