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Luca Ronconi
 
Riccardo III

(a. William Shakespeare)
(sc. Mario Ceroli)
(c. Enrico Job)



traduzione: Rodolfo Juan Wilcock
musiche: Fiorenzo Carpi

Personaggi - interpreti:
Riccardo, Duca di Goucester - Vittorio Gassman
La Regina Margherita - Edda Albertini
Lady Anna - Edmonda Aldini
Lo Sceriffo del Wiltshire - Carlo Baroni
Il Duca di Norfolk - Gianni Bertoncin
Un carceriere; Primo londinese; Terzo messaggero - Edoardo Borioli
Il Marchese di Dorset - Ezio Busso
Il Duca di Buckingham - Mario Carotenuto
Lord Grey - Pierangelo Civera
Lord Stanley - Attilio Cucari
Primo assassino - Duilio Del Prete
Lord Hastings - Umberto D'Orsi
Giorgio, Duca di Clarence - Mario Erpichini
Duchessa di York/La Regina Elisabetta - Maria Fabbri
Sir James Blunt; Secondo londinese - Giorgio Ferrara
Il Vescovo di Ely - Franco Ferrari
Sir Robert Brakenbury - Enzo Fisichella
L'Arcivescovo di York; Il Conte di Surrey - Edoardo Florio
Il Lord Sindaco di Londra - Enzo Garinei
Secondo assassino - Franco Giacobini
Un messaggero di Stanley; Primo messaggero - Gianni Guerrieri
Un bambino, figlio di Clarence - Giorgio Locuratolo
Sir Richard Ratcliff - Emilio Marchesini
Edoardo, principe di Galles - Marco Margine
Riccardo, Duca di York - Marzio Margine
Re Edoardo IV - Carlo Montagna
Sir Willim Catesby - Ugo Maria Morosi
Il Conte di Richmond - Giacomo Piperno
Terzo londinese; Un paggio - Oreste Rizzini
Un messaggero; Secondo messaggero - Toni Rossati
Una bambina, figlia di Clarence - Daniela Sandrone
Il Conte di Rivers - Remo Varisco
Un prete - Mario Ventura
Sir James Tyrrel - Virgilio Zernitz

Produzione Teatro Stabile di Torino


Torino, Teatro Alfieri
11/02/1968


Per quel Riccardo III torinese, Ronconi non chiama uno scenografo ma utilizza le sculture di ferro e legno di Mario Ceroli, creando una claustrofobica scatola scenica di primitiva potenza (il regista progetta anche ingombranti costumi “materici”, dal fascino primitivista, che non potranno però essere utilizzati dagli attori). Sulla scia di Jan Kott – anche se per Ronconi i classici non possono certo essere banalmente “nostri contemporanei” – in scena campeggia “la grande scala del potere”; alla fine il sovrano “muore non ucciso da nessuno, in una battaglia che non ha luogo, travolto dall’apparire di enormi manichini di legno senza spessore, simbolo del Grande Meccanismo della storia.
Franco Quadri (La politica del regista, Il Formichiere, Milano, 1980, pp. 450-451)

Se lo scenografo è un artista come Mario Ceroli, la cosa migliore è usare le sue opere e non costringerlo a concepire una scenografia, che non è il suo mestiere. Per esempio, nel caso di Riccardo III, Ceroli aveva già fatto quella scala e quelle sagome. Con gli architetti è più difficile perché l’architettura, già di per sé, tende a essere vincolante, condizionante. Faccio un esempio. Nei miei spettacoli spesso le scene si muovono. Il motivo non è perché è bello far muovere il palcoscenico ma perché, probabilmente, siamo condizionati dal cinema, ed è importante che nel campo visivo ci sia solo ciò che serve in quel momento e che vada via quando non serve più.

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la recensione di Franco Quadri - Panorama , 18 febbraio 1968


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