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Luca Ronconi
 
Diario privato

(a. Paul Léautaud)
(sc. : Marco Rossi)
(c. : Gianluca Sbicca, Simone Valsecchi)


riduzione: Raffaele La Capria
Musiche a cura di Paolo Terni
pianoforte: Maurizio Aschelter
luci: Guido Levi

Personaggi - interpreti:
Paul Léautaud - Giorgio Albertazzi
Madame Cayssac - Anna Proclemer
Marie Dormoy, bibliotecaria - Paola Bacci

Produzione Teatro di Roma


Roma, Teatro Argentina
06/01/2005



dal "Patalogo 28" (Ubulibri, Milano, 2005)
per gentile concessione della Associazione Ubu per Franco Quadri

Far venire fuori in un'operazione teatrale la forza e la novità di questo linguaggio nuda e a suo modo 'innocente' (lo mettiamo fra virgolette) è stata la nostra intenzione, anche se è evidente la difficoltà di dare movimento drammatico a un diario amoroso dove la ripetizione monotona dell'atto sessuale è assunta dalla scrittura che lo descrive. Di Léautaud si è detto che trascrive la vita senza distinguerla dalla letteratura dopo decenni in cui non si è fatto che separare la letteratura dalla vita. La verità è che lui non ha mai rinunciato a mostrarsi com'era.
Raffaele La Capria

E neppure stupisce che i quattro maggiori artefici dello spettacolo siano over 70, in grado quindi di aver avuto dimestichezza da giovani con la prosa di Léautaud e anche di metterne a nudo il gusto con cui, trascorrendo l'età, questi dedica agli eccessi fisici descrizioni sempre più morbose, coscienti di come il sesso possa toccare imprevedibili apici fisici e schiodare nuovi misteri quando si pensa che stia per spegnere i suoi ardori. Raffaele La Capria nella sua riduzione insegue oltre all'autore i tempi di quando scriveva Ferito a morte, mentre Luca Ronconi ritrova il suo gusto per il collezionismo, iniziato con la flora e concluso con la scoperta di autori, dirigendo in scena, sotto allo scorrere delle date delle citazioni, i suoi superbi eroi in poltrone bordò che veleggiano lentamente: da Giorgio Albertazzi, efficacissimo anche nel coprire con ironia i vuoti di memoria, a Anna Proclemer, scintillante e maligna nel descrivere con lui 'sedute' svolte spesso in piedi, precisandone i particolari con spirito da studiosa."
Franco Quadri ( La Repubblica - 23 maggio 2005)

Ecco, allora, rintrigante idea di regia che qui si sviluppa: tranne il personaggio di Marie, tutti gli altri restano dall'inizio alla fine inchiodati sulle loro rispettive poltrone, montate su rotelle e che, radiocomandate da dietro le quinte, gironzolano per il palcoscenico, insieme con il resto dei mobili, in una sorta di danza inesausta. Insomma, quei personaggi vengono perfettamente e strenuamente assimilati agli arredi: perché, lo sappiamo, l'autobiografia (e, dunque, il diario), non è che la sublimazione e la formalizzazione di sé nell'indiscutibilità della pagina scritta: in altri termini, è, per l'appunto, come il servizio di porcellana di Sèvres esposto nella vetrina del salotto buono, lontano dall'unto maleodorante della cucina.
Enrico Fiore ( Il Mattino - 17 maggio 2005)

Uno spettacolo, Diario privato, che è una sorta di conferenza sul terrore e la miseria della nostra specie. E per far questo si è valso di due grandi teatranti al termine della loro parabola, ovvero degli splendidi ultraottantenni della scena italiana, e cioè della coppia sovrana dei nostri anni '50: Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer. Che, da autentici mattatori, sempre seduti in poltrona come due larve, animandosi sotto i nostri occhi acquistano vitalità e spessore dalle provocanti confessioni che ci riservano. Ricorrendo lui, con uno straordinario rigore di stampo epico, a smontare criticamente uno per uno I meccanismi del sesso attraverso la forza delle parole mentre lei, con una vis comica esilarante non esente da un feroce autocompiacimento, precipita il drammatico scontro dei corpi nell'Olimpo salottiero di un Feydeau bagnato alla luce demoniaca della magia nera.
Enrico Groppali ( Il Giornale - 17 maggio 2005)

L'idea stessa di trarre uno spettacolo da Settore privato è, dal punto di vista della desublimazione, quintessenziale o, se si vuole, midcult, una versione cinica e noiosa di Caro bugiardo. In un teatro come l'Argentina, pronunciare succose frasi erotiche, palpandosele, gustandosele come fossero atti cui si è fattualmente impediti, va oltre Léautaud. Il disincantato Léautaud, lo sfacciato Léautaud di sé diceva: 'Io scrivo cose di cui non potrei parlare'. Ma La Capria, Ronconi e, carnalmente, Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer, a dirle, quelle frasi, ci si divertono un mondo, ci prendono gusto, vi mostrano la propria eccellente e borghese disinvoltura.
Franco Cordelli ( Corriere della Sera - 14 maggio 2005)



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