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Luca Ronconi
 
Santacristina. Corso di perfezionamento per attori e registi Scene di una notte d'estate


Questo è il primo corso di perfezionamento diretto da Luca Ronconi al Centro Teatrale Santacristina, che non ha ancora la sua sede nella campagna umbra tra Gubbio e Perugia, inaugurata l'anno successivo.
Dal 7 giugno al 25 luglio 2004 il corso si svolge presso il Teatro La Sapienza di Perugia e il Teatro Comunale di Gubbio, sedi anche delle due giornate conclusive aperte al pubblico.
Tra le circa 600 domande, pervenute da ogni parte d’Italia, vengono selezionati 22 attori e 3 registi oltre a 4 attori e a 5 registi uditori.
Partecipano al corso in qualità di docenti Alessandro Baricco, Riccardo Bini, Roberto Biselli, Maria Consagra, Giovanni Crippa, Massimo De Francovich, Declan Donnellan, Nadia Fusini, Guido Levi, Claudio Longhi, Mariangela Melato, Margherita Palli, Richard Peduzzi, Massimo Popolizio, Ludovica Ripa di Meana, Sergio Ruffini, Toni Servillo, Enzo Siciliano, Anna Torti.
Gli attori del corso sono Marco Bocciolini, Andrea Bosca, Luca Carboni, Ugo Carlini, Francesca Ciocchetti, Pasquale Di Filippo, Raffaele Esposito, Andrea Fazzari, Francesco Guidi, Diana Höbel, Alessandro Loi, Marianna Masciolini, Stefano Eros Macchi, Tommaso Minnitti, Stefano Moretti, Alberto Onofrietti, Irene Petris, Giorgia Porchetti, Alessio Maria Romano, Olga Rossi, Roberta Rovelli, Marina Saraceno, Francesco Scianna, Silvia Soncini, Simone Toni, Greta Zamparini.
Ronconi sceglie di lavorare su testi di autori diversi quali Italo Calvino, Rodofo Wilcock, Davide Enia, Ludovica Ripa di Meana, Gabriele D'Annunzio, Antonio Moresco, Fleur Jaeggy.


Gubbio (Pg), Teatro Comunale
23/07/2004


Leggi la rassegna stampa completa

Vai alla scheda del progetto sul sito del Centro Teatrale Santacristina

dal "Patalogo 27" (Ubulibri, Milano, 2004)
per gentile concessione della Associazione Ubu per Franco Quadri

Uno degli obiettivi dell'Associazione Santacristina Centro Teatro, nata due anni fa come organismo agile e indipendente per la realizzazione di prodotti teatrali di qualità, è portare un contributo concreto e attivo al teatro e, in particolare, offrire ai giovani occasioni di confronto e opportunità non fittizie per poter crescere professionalmente. Tale vocazione è stata condivisa con enti e istituzioni diverse: la Regione Umbria e l'Istituto Iter che, attraverso l'Assessore alla Formazione e al Lavoro Gaia Grossi, hanno permesso di accedere al Fondo Sociale Europeo, il Comune di Perugia e il Comune di Gubbio. La scuola di perfezionamento diretta da Luca Ronconi, con 25 allievi e 9 ospiti tra attori e registi, tutti provenienti dalle migliori scuole di teatro nazionali, ha preso il via il 7 giugno è si è chiusa nelle due giornate del 23 e 25 luglio, aperte al pubblico a Gubbio e Perugia. Il regista ha proposto ai giovani allievi registi di lavorare su testi di drammaturgia e letteratura italiana contemporanea, ma una parte del corso è stata dedicata anche a esercitazioni su testi scespiriani, in particolare al Mercante di Venezia e a Troilo e Cressida. Il desiderio di condividere un'esperienza coinvolgente, autenticamente legata al "fare" teatro, ha convogliato intorno alla scuola anche le energie e l'entusiasmo di una generazione di attori già di successo, che sono giunti ad affiancare i loro colleghi più giovani e a cui si sono uniti alcuni dei più vicini compagni di lavoro del Maestro. Ronconi ha seguito personalmente tutti gli allievi, affiancato da Maria Consagra, che ha inoltre curato i movimenti scenici. Tra gli altri docenti, Declan Donnellan ha tenuto un corso specifico su Shakespeare e, in particolare sul Romeo e Giulietta; il direttore delle luci Guido Levi ha mostrato ai giovani registi le possibilità dell'illuminazione nello spettacolo teatrale; Massimo De Francovich ha lavorato su Un marziano a Roma di Ennio Flaiano, Roberto Biselli ha lavorato sulle Laudi umbre, i costumisti Gianluca Sbieca e Simone Valsecchi e lo scenografo Marco Rossi hanno affiancato i giovani registi elaborando con loro bozzetti e progetti di spettacolo, mentre altri artisti hanno raccontato la propria personale esperienza con il teatro. Al termine dei corsi sono stati presentati i molti lavori approntati. Ronconi ha mostrato le sue elaborazioni da I beati anni del castigo di Fleur Jaeggy e Un re in ascolto di Italo Calvino, del quale si sono anche ascoltati i brani curati da Francesco Sala, Laura Bombonato e Giulio Costa, mentre Sandro Mabellini ha esibito la sua interpretazione con un solo della parte iniziale di Scanna (Davide Enia), Enrico Petronio parti di Kouros (Ludovica Ripa di Meana), Carmelo Rifici il primo atto di Gloria di Gabriele d'Annunzio, Paola Rota il primo atto della Santa di Antonio Moresco.

A Gubbio tutte le strade, le stradine, i viottoli portano al Teatro Comunale. Qui per quasi tutto luglio (a giugno invece la sede è stata il Teatro La Sapienza di Perugia), grazie all'organizzazione e ideazione del Santacristina Centro Teatrale, al finanziamento della Regione Umbria, dell'Unione Europea-Fondo Sociale Europeo, del Ministero del Lavoro e con l'appoggio di enti e produttori si lavora duramente ma con un entusiasmo raro a vedersi. Qui, ogni giorno, sotto la guida di Luca Ronconi, in completa full immersion, generazioni diverse di attori - alcuni appena diplomati e con qualche esperienza, altri già conosciuti e di nome, altri ancora che sono ormai famosi come Massimo Popolizio, Massimo De Francovich, Riccardo Bini e Giovanni Crippa - e alcuni giovani registi condividono l'esperienza più difficile ma anche più bella che si possa immaginare: nuove strade da percorrere dove si intreccino le generazioni, dove il sapere del teatro vada di pari passo al fare, perché se conosci davvero la scena non puoi fare a meno di amarla. Un progetto (i cui primi risultati, necessariamente parziali, saranno visibili dal 23 al 25 luglio), che vuole realizzarsi e durare nel tempo. Lo sanno molto bene i ventidue attori e i tre registi che, affiancati da uditori, a loro volta attori e registi, hanno deciso di impegnare se stessi in questa prova. Se questi ragazzi e ragazze hanno un sogno non lo dicono. Per ora la cosa fondamentale per loro è lavorare con Luca Ronconi che per quarantacinque giorni affiancato dai suoi collaboratori e da alcuni ospiti da Toni Servillo a Mariangela Melato e Enzo Siciliano, cerca con loro non l'effetto o l'intonazione ma il movimento interno della battuta perché - spiega - «anche una proposizione di tre parole, per esistere, deve contenere un piccola sorpresa». Se si prova loro stanno in palcoscenico, lui giù in platea. Se si affronta un testo con una lettura a tavolino, tutti sono seduti a semicerchio attorno a lui. Si comincia a leggere , si discute, si cerca e si impara. Ci si può impuntare su di una parola: da dove viene quella parola, come dirla? E qui Ronconi cerca tutte le intonazioni possibili per spiegare che se la parola è detta in tutta la sua profondità, il gesto che l'accompagna è leggero, semplice: basta un movimento della mano ecco così (lo fa vedere), ma che non sia retorico per carità. Sapere tenere le mani in palcoscenico è difficile come sono difficili le entrate che devono sempre avere una loro necessità. Alle volte i ragazzi sono lenti, scoraggiati. Ronconi li invita a guardarsi («ha senso quello che dici? E quello che fai?» chiede) ad ascoltare il proprio pensiero, butta lì una riflessione ironica: sa bene che la cosa fondamentale è che siano pieni di speranza e che abbiano fiducia in se stessi. L'importante però è il lavoro, la serietà e l'impegno. Si prova una scena per sole donne, tratta da I beati anni del castigo romanzo di Fleur Jaeggy (tutti i testi sui cui si lavora alla Scuola escluso Shakespeare sono italiani perché per dei giovani attori è essenziale confrontarsi con la propria lingua), che racconta vite in collegio. Sedute in scena le ragazze formano una curva ideale e parlano una dopo l'altra. L'inizio è timoroso. Poi, ecco, nello sguardo di Ronconi si accende la prima scintilla d'interesse: pianamente insinua un'intonazione, sta ancora giù in platea ma non perde una sillaba né un movimento di quello che le attrici dicono e fanno. Ma quando sale in palcoscenico, la frase magica, la frase che mette tutto in discussione è «parliamo un po' di quello che hai fatto. C'è ancora troppa voglia di raccontare in quello che dici. Mai cullarsi sulla parola». Allora prende in mano il testo anche se lo sa a memoria e fa ripetere e ripetere: «più ironica, meno drammatica, meno sentimentale». Chiede a una delle ragazze quali siano i punti fondamentali e quali i raccordi del testo che ha appena detto. Ecco: c'è una linea fra una parola che sta all'inizio del foglio e una che sta a metà della pagina: «se fai il tuo racconto come l'hai impostato il senso del tuo lavoro va da qui a qui. È quest'asse che devi sostenere, non devi disperderti nelle situazioni secondarie». Così lavora con ognuna di loro perché quello che gli importa è che riescano a trovare tutte «il permanere dell'infantile non l'avvento della vecchiaia e, per favore, non cercate di recitare il disprezzo, ma quello che ci sta dietro. Sono le ragioni e i modi che vanno fatti parlare». Per vedere Ronconi veramente felice bisogna vederlo lavorare con i giovani. E i giovani lo sentono, lo «annusano», lo capiscono. Imparano da lui che se anche tutto è nel testo c'è ancora moltissimo da scoprire, da ricercare. Da questo punto di vista la lezione con i soli ragazzi in palcoscenico su quello straordinario testo di Calvino che è Un re in ascolto è particolarmente istruttiva. Il «tema» del giorno è costruire e prendere possesso dello spazio. Non dello spazio in generale ma di «quello» spazio, nel quale le parole di Calvino possono essere «contenute». I ragazzi hanno portato con sé in scena i pochi oggetti dei quali hanno deciso di servirsi come strumenti di lavoro: un giornale piegato, una sedia, un catino e iniziano un'azione che nasce da un'attesa. Anche se il re sta seduto e gli altri gli girano attorno la più semplice delle camminate ha un senso per creare dei rapporti interpersonali, per dare profondità e logica alla battuta. «Eventualmente - spiega il regista - trovare il punto debole, la crepa e lavorarci su». Il punto debole può essere la voce, sapere usare la voce con intelligenza, la sua energia e metterla al servizio della parola: «per esempio, può nascere da qui» e segna un punto lì, vicino al cuore. Altra lezione importante: mai fermarsi di fronte alle difficoltà non perché non ci siano ma perché bisogna imparare a gestirle. Tutte le difficoltà per Ronconi si possono superare solamente se si parte da una griglia solida. In questa Scuola lui insegna proprio questo. E la griglia più importante è il testo: restituire la costruzione del testo attraverso il suo smontaggio e rimontaggio in scena, nel lavoro. E a ogni passaggio in scena, a ogni ripetizione ci si rende conto che la battuta si arricchisce, diventa più necessaria. Niente miracoli: semplicemente il coraggio di andare più giù, nel buio più fondo, quasi a riscoprire la parola. Trasformarsi in cercatori d'oro. Per potere entrare in scena con sicurezza e dire «ecco ci sono, sono qui…». Altra lezione. Le prime letture di Troilo e Cressida di Shakespeare che Ronconi metterà in scena in uno studio cinematografico di Torino, nell'ambito delle Olimpiadi del 2006. Praticamente è una presentazione di personaggi: ecco Pandaro, ecco Tersite, Troilo e Cressida: è quasi il grado zero di un inizio di lavoro teatrale quando il regista condivide con i suoi attori il materiale su cui riflettere, su cui sognare. Cressida è un personaggio difficile, una bambina prodigio da cui tenersi alla larga… poi butta lì un'affermazione che spiazza tutti: l'avvenimento vero del testo è uno solo, il passaggio della ragazza dal campo troiano a quello greco. Ma come si fa a rappresentare tutto questo? - chiedono gli allievi. «Pensate a una linea di confine, al palcoscenico attraversato da una sbarra, un filo, una linea luminosa. E chiedetevi: che cosa si mantiene o si lascia quando si passa questa linea? Certo ci sarà un cambio d'identità, che può essere geografico, culturale, storico, erotico… ma senza mai rinunciare alla sorpresa…» Così, partendo dal testo e tornando al testo si comincia a vivere una nuova e importante avventura teatrale, che ha per protagonisti dei giovani e un grande regista che ama cercare e insegnare.
Maria Grazia Gregori ( L’Unità - 14 luglio 2004)

Il teatro vuole che l’unica via per apprendere sia il fare, e questo – spiega Ronconi – è il principio della Scuola, una struttura empirica che vuole affiancati attori, registi ed elementi di generazioni diverse. Sia chiaro, io non devo perpetuare me stesso, e quindi qui non si affermerà un’estetica o una tecnica a senso unico della messinscena e dell’interprete. Essenziale è il contatto quasi immediato con figure già preparate”. […] “Attitudini fondamentali per un attore sono la capacità di lettura del testo e il controllo degli strumenti della propria espressività; a volte capita di riscontrare una specie di arroccamento ideologico, si contesta il valore della formazione. È un equivoco. Professionalità e competenza non comportano la rinuncia all’invenzione, alla creatività, ma bisogna pur insistere sull’importanza di un serio apprendistato, senza imporre metodi, precetti, o incoraggiare a portare in scena se stessi.
Rodolfo Di Giammarco ( La Repubblica - 9 giugno 2004)

"Oggi si chiude un periodo bellissimo, sul quale dovremo poi ragionare” dice Ronconi. Il che vuol dire soltanto una cosa: vedere come progredire senza ripetere il già fatto. Il regista torna indietro con la memoria e descrive entusiasmi e alacrità fuori dell’ordinario, parla di dieci ore quotidiane di lavoro vissute con “un’intensità notevolissima”. Dichiare di non aver voluto insegnare niente, ma svela di aver piuttosto imparato lui. Che cosa avrebbe imparato? “Ogni volta che hai rapporti con i giovani scopri che con gli anni sono cambiati i bisogni e le tendenze. Lavorando con loro, in questo corso, mi sono accorto che la loro qualità professionale e umana è notevolissima”. Soltanto questo? “Ho anche scoperto che, come loro, anch’io mi aspetto qualcosa: un cambiamento, un desiderio d’incamminarmi per una strada che non conosco. Come si sa, mi attende il programma torinese per le Olimpiadi. È una cosa inconsueta anche per me. Quindi è giusto che io cominci ad insegnare qualcosa anche a me stesso. Qui con l’aiuto dei ragazzi ho cercato di esplorare una via utile a loro e anche a me”.
Osvaldo Guerrieri ( La stampa - 25 luglio 2004)



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