home | teatro | lirica | scuola | biografia | cerca

Luca Ronconi
 
Amor nello specchio

(a. Giovan Battista Andreini)
(sc. Marco Rossi)
(c. Simone Valsecchi, Gianluca Sbicca)


luci: Gianfranco Salvatori
musiche a cura di Paolo Terni
regista assistente: Claudio Longhi
consulenza tecnica: Luciano Ferroni
direttore di scena: Rodolfo Santoni
realizzazione allestimento tecnico: Andrea Carletti, Paolo Cecchi

Personaggi - interpreti:
Florinda - Mariangela Melato
Bernetta serva - Alvia Reale
Guerindo - Simone Toni
Coradella servo - Stefano Moretti
Sufronio - Giovanni Battaglia
Silvio figlio - Raffaele Esposito
Testuggine servo - Dino Emilio Conti
Orimberto, uomo di Palazzo - Sergio Leone
Lidia sola - Manuela Mandracchia
Lelio - Valentino Villa
Granello servo - Pasquale Di Filippo
Eugenio , fratello simile di Lidia - Salvatore Palombi
Latanzio governatore - Luca Carboni
Notaio - Marco Mattiuzzo
Mago - Vladimiro Russo
Griffo - Mirko Soldano
Orco - Francesco Vitale
Spirito mostruoso - Marco Mattiuzzo
Menippo - Maurizio Ciccolella
Cruone - Nicola Alberto Orofino
Spirito - Francesca Fava

Coproduzione Teatro Comunale di Ferrara e Centro Teatrale Santacristina


Ferrara, Corso Ercole I d'Este
06/07/2002



Leggi la rassegna stampa dello spettacolo


dal "Patalogo 25" (Ubulibri, Milano, 2002)
per gentile concessione della Associazione Ubu per Franco Quadri

Veniamo alla commedia, che certo appare ancora oggi 'scabrosa'.
Più che scabrosa, sorprendente. Non c'è il tipo di licenziosità dell'Aretino e di tanto teatro del '500 e '600, e non si può neanche parlare di 'stravaganza'. Si intitola Amor nello specchio, ma si potrebbe benissimo ribaltare il titolo ne Lo specchio d'amore. E a suo modo un catalogo di aberrazioni erotiche, ma senza nessuno spirito moralistico: è come se muovendo lo specchio, appaiano tante possibilità che di solito non si prendono in considerazione. A questo punto sarebbero leciti tipi diversi di lettura: quello patologico o psicologico, ad esempio, che certo la appesantirebbe, e che non è quello che facciamo, ma che pure sarebbe legittimato, perché il passaggio narcisismo-omosessualità-eterosessualità, è il passaggio vero della protagonista. Ma questa non è una commedia psicologica, quanto piuttosto una 'casistica'. Infatti sono presenti anche il masochismo, la frigidità e tutto quello che è 'corollario' o patologìa della raffigurazione erotica. Per questo la commedia è così strana, qui tutto è trattato non con mano pesante, ma secondo il grande manierismo barocco. Per cui non si vuol dire niente aldifuori di quanto sì sta dicendo...
Luca Ronconi (Intervista a cura di Gianfranco Capitta)

Amor nello specchio (1662) di Giovan Battista Andreini è il settimo spettacolo di Luca Ronconi in questa stagione, il suo migliore. Si potrebbe pensare a un suo rapporto di intimità e di eccellenza con l'Andreini. Amor nello specchio lo aveva messo in scena vent'anni fa; e ci aveva fatto conoscere La centauro e Due commedie in commedia. Ma il punto non è Andreini. E il teatro barocco. Quando i contenuti si dileguano, quando la macchina scenica viene in primo piano, quando Ronconi è libero, egli dà 11 meglio di sé. (...) Come accade in Amor nello specchio. Per Ronconi questa commedia è un catalogo di aberrazioni. Pure, ciò che conta è che narcisismo, omosessualità, feticismo, ermafroditismo non sono che lo specchio di un movimento, ovvero di bizzarre simmetrie.
Franco Cordelli ( Corriere della Sera - 8 luglio 2002)

Di reale, a ben vedere, qui c'è solo lo specchio, attorno al quale l'Andreini si diverte a inventare ogni sorta di contorta variazione sul tema, ivi compresa la comparsa alla ribalta di quella sorta di 'doppio' naturale che è il fratello uguale come un sosia. Incurante di esprimere qualunque giudizio sui comportamenti delle sue creature, egli bada soprattutto costruire un labirinto di ingannevoli parvenze, di illusioni e di miraggi, rinforzato in questo intento dall'intervento di un mago più o meno presunto, che in una lunga notte degli equivoci beffa i pretendenti delle due donne con vacui simulacri e spiriti vendicativi. Portando a fondo questa linea, che riprende e prosegue certe suggestioni del Candelaio, Ronconi celebra i cinquecento anni dell'arrivo a Ferrara di Lucrezia Borgia allestendo la vicenda nella più bella strada della città romagnola, corso Ercole I d'Este, proprio di fianco al Palazzo dei Diamanti, lastricandone il suolo di specchi per qualche decina di metri. Su questa gelida superficie metafisica, che si stende in lunghezza di fronte agli spettatori con effetto davvero folgorante, gli attori tracciano prospettive soprattutto mentali, entrando e uscendo attraverso una distanza che ha valenze sia geografiche che temporali."
Renato Palazzi (delteatro.it - 10 luglio 2002)

Questa fantasmagoria catottrica è stata esaltata da Luca Ronconi con geniale intuizione da land art, foderando di specchi 60 metri di strada prospiciente Il palazzo dei Diamanti di Ferrara (ma anche la genovese via Garibaldi si presterebbe), trasformandolo in prestigiosa quinta teatrale e moltiplicando e dilatando le azioni in ammalianti prospettive davvero barocche, senza nulla sottrarre agli intrecci sensuali e sessuali escogitati dall'Andreini.
Rita Cirio ( L'Espresso - 13 luglio 2002)

Dunque, lungo la sua strada di specchi (con Florinda e Nina che escono dai portoni dei palazzi veri, le loro rispettive dimore), Ronconi fa accendere il senso delle geometrie viventi e delle corrispondenze interiori di uno spettacolo certamente ispirato. Poco difendibili gli intrecci minori, che tirano un po' giù l'attenzione ma che permettono di vedere all'opera un gruppo di giovani attori (allievi del regista) già robusti e duttili. Il lavoro della Melato è ancora una volta fonte di meraviglia e di scoperte: mirabile l'equilibrio tra nitore espressivo (ma la voce spesso è volutamente "sporca") ed estrazione rabdomantica dal fondo di una psiche femminile aggrovigliata e inguaribilmente malinconica, anche se non estranea a lampi ironici come Ronconi chiede.
Sergio Colomba ( Il Resto del Carlino - 9 luglio 2002)

Non si tratta di dare scandalo, e neanche di approfondire dei personaggi tratti dal teatro per rimanere nel teatro, quanto di mettere a nudo con crudeltà divertita le infinite possibilità di trasformarsi della natura umana, coinvolgendo una storia personale per rovesciarla, dato che l'autore aveva per moglie una Florinda e per amante una Lidia. E neppure lui, Lelio per le scene, evita di figurare nello stuolo di pretendenti della dama bianca e di quella nera, che sgomita fremendo su questa strada di specchi, ricorrendo per la conquista a maghi imbroglioni e subendo infernali beffe in ritmi troppo ripetitivi: gioverebbe qualche alleggerimento dei 155 minuti di durata in una scenografia che, contrariamente agli usi del regista, non cambia mai.
Franco Quadri ( La Repubblica - 8 luglio 2002)

Non è il migliore di Ronconi, quest’Andreini, nella sua poco sensata fedeltà al testo e nel compassato e scarso moto della regia. Un'operazione secondaria ed elegantemente superflua.
Goffredo Fofi ( Lo straniero - ottobre 2002)

Leggi la scheda dello spettacolo sul sito del Centro Teatrale Santacristina



Torna alla pagina iniziale.
 
 

 
copyright Centro Teatrale Santa Cristina/ateatro 2012