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Luca Ronconi
 
Trittico: Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi

(a. Giacomo Puccini)
(sc. Margherita Palli)
(c. Silvia Aymonino)

direttore d'orchestra Riccardo Chailly

Orchestra e coro del Teatro alla Scala

Interpreti: Juan Pons, Barbara Frittoli, Leo Nucci

Allestimento Teatro alla Scala di Milano


Milano, Teatro alla Scala
03/06/2008


Invero, Ronconi risponde pienamente alle attese, trasformando per mezzo della regìa teatrale la grande opera in una autentica esperienza di teatro musicale.
Helmut Mauró ( Süddeutsche Zeitung - 10 marzo 2008, tr. it. Jacopo Pellegrini)

La messinscena di Luca Ronconi non tenta alcuna radicale attualizzazione ma non possiede neppure il fascino della tradizione.
Andrew Clark ( Financial Times - 10 marzo 2008)

Lo spettacolo in pratica c’era solo nelle aperture di sipario […].
Angelo Foletto ( La repubblica - 10 marzo 2008)

[…] Ronconi […], a costo di garantirsi qualche buuu insieme agli applausi, sente che sono tre fatali storie di morte in luoghi in qualche modo noti all’immaginario e se li rigioca con discutibile e lucida genialità […] tutti come pronti ad essere sospinti nell’abisso da un elemento inclinato su cui si muovono, che dà alla scena una specie di chiave rivelatrice dall’inizio, e che in Suor Angelica è addirittura un’enorme figura di suora abbattuta e riversa. Chi ci sta, si può molto emozionare.
Lorenzo Arruga ( Il giornale - 8 marzo 2008)

Non se ne può più. Sono quarant’anni che Luca Ronconi clona il proprio teatro fatto di destrutturazione del materiale narrativo, a dimostrazione d’un teorema espressivo che, proprio in quanto teorema, quasi mai si traduce in espressività. Quarant’anni che terremota scenografie e inventa macchinari di diverse forme, comunque enormi; che attenta all’incolumità degli sventurati costretti a muoversi in scena tra autentiche trappole, la difficoltà gestuale quale succedaneo d’una recitazione di fatto assente. Quarant’anni che viene per lo più buato, com’è accaduto anche alla Scala col Trittico di Puccini: lui si diverte, sta sempre lì, invecchia ma non cambia, icona che si reitera identica grazie anche alla mancanza di confronti con registi davvero grandi e davvero moderni […]. Tre scatole sceniche (nera per Tabarro, grigio-argento per Suor Angelica, rossa per Gianni Schicchi) con apertura irregolare sul fondo riempita, rispettivamente, da pittura puntinista, Madonnina dei santini, Malebolge con profilo di Dante: nell’Angelica un’enorme statua di Madonna distesa bocconi in terra, su cui le suore si destreggiano con patetica goffaggine (femminilità negata? Religione male intesa? Tutto può essere, ma nulla essendo chiaro nulla si percepisce tranne che la noia); nello Schicchi le cose vanno meglio, ma solo perché la sua effervescenza funziona per conto proprio.
Elvio Giudici ( Il giorno - 8 marzo 2008)

[…] uno spettacolo visivamente inerte, piattissimo. Una sorta di nemesi per quanti hanno sempre criticato i macchinismi di Ronconi: mai ci saremmo aspettati da lui una regìa tanto vuota. Ridateci le sue macchine! Evviva le sue ipnotiche fantasie! Si torni all’originale […]. Questo Trittico è l’anti-Ronconi, firmato da un Ronconi che non c’è, che prende alla lettera i dettami dell’autore. […] Tabarro è tutto nero, Suor Angelica azzurrina pallente, lo Schicchi rosso impero, con fuocherello proiettato sopra, a inizio e chiosa, per ricordare che il padre Dante mandò il truffaldino all’Inferno. Ohi, no. E l’elemento promesso, unificante le tre storie? Margherita Palli disegna sobriamente una diagonale per i tre impianti scenici. Così vediamo prima una porzione di barcone inclinato […], poi, sulla stessa linea, una scultura enorme di una fanciulla a terra. Forse dovrebbe figurare la Madonna caduta, oppure la femminilità uccisa. Nel dubbio resta un oggetto ingombrante, che paralizza il palcoscenico […] l’ultima diagonale spetta al baldacchino dello Schicchi […] l’unica invenzione registica sta nel letto che viene alzato, in verticale. Il gesto è molto teatrale, nell’eliminazione plateale del cadavere ma scomodissimo, perché appunto questo inizia a scivolare subito verso terra. E intorno è tutto un acchiapparlo […] perché arrivi integro al lancio finale. Il cadavere è per di più un manichino. Così si vedono le giunture delle gambe che si snodano, da burattino Pinocchio. […] Tutto potrebbe o vorrebbe anche apparire grottesco e cinico. Ma finisce per risultare mal fatto, approssimativo. E stendiamo un velo sulle proiezioni nella nuvoletta sullo sfondo, prima con la faccia di Dante […], poi con Firenze in bianco e nero, poi con un piccolo inceppo, ahi no Ronconi, a evocare il fantasma del Tell.
Carla Moreni ( Il sole 24 ore - 9 marzo 2008)

Ronconi inonda l’opera di una luce inesorabile, come per sopprimervi ogni traccia di sentimento, e il finale, in cui Angelica si suicida […], è Più all’insegna del sentimentalismo che del pathos.
Andrew Clark ( Financial Times - 10 marzo 2008, tr. it. Jacopo Pellegrini)

[…] nella visione di Ronconi Suor Angelica sembra essere il vertice, nella generale ricerca della coerenza visiva senza macchinose “ronconate”. C’è unità nel fondale e nella posizione di un elemento dominante, la chiatta nel Tabarro, il letto del defunto in Gianni Schicchi e un’enorme statua della Madonna prostrata in Suor Angelica. Già, perché questo strappo alla regola, pure con le suore che camminano su e giù per la statua, è il cuore di tutto. La Madonna è madre prostrata dal dolore per la perdita del figlio, come lo è suor Angelica alla notizia della morte del figlio avuto in precedenza ed ecco che ella si prostra sopra la statua nella stessa posizione di questa; e Angelica diventa ancor più Madonna e madre quando nella visione finale abbraccia suo figlio, esattamente come un’altra statua della Vergine dominante la scena.
Giangiorgio Satragni ( La stampa - 8 marzo 2008)



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