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Luca Ronconi
 
La dannazione di Faust

(a. Hector Berlioz)
(sc. Margherita Palli)
(c. Carlo Diappi)

libretto: Hector Berlioz e Almire Gandonnière, tratto da Faust di Johann Wolfgang Goethe nella traduzione francese di Gérard de Nerval
maestro concertatore e direttore d'orchestra: Hubert Soudant
maestri del coro: Sandor Gyudi e Massimo Peiretti
regista collaboratore: Mauro Avogadro

Orchestre e coro del Teatro Regio di Torino

Personaggi - interpreti:
Faust - Neil Rosenshein
Mefistofele - David Wilson-Johnson
Margherita - Norma Fantini
Brander - Enrico Turco
Epilogo sulla terra (Basso solo) - Enrico Turco
Voce del cielo (soprano solo) - Angela Venturino
Coro di voci bianche "Piccoli cantori di Torino" diretto dal maestro Mauro Bouvet

Allestimento del Teatro Regio di Torino in coproduzione con l'Opéra Nationale de Paris


Torino, Teatro Regio
21/02/1992


Il regista sembra soprattutto aver assorbito la geniale lettura lasciataci da Fedele d’Amico. Berlioz anticipa lo sganciamento […] tra la realtà sonora e la logica discorsiva della musica. […] La sua musica non dà voce a sentimenti o contenuti etici ma semplicemente raffigura, e chiede di essere fruita appunto come mero “spettacolo”. Ronconi dunque ha costruito una sorta di secondo spettacolo autonomo, come autonoma è la musica, ma dialetticamente legato a quello musicale: anche il consueto utilizzo di grandi macchine teatrali è facilmente appaiabile alla grandiosa “macchina orchestrale” di Berlioz.
s.n. ( L’eco di Bergamo - 13 maggio 1995)
[n.d.r.] Il riferimento è a Fedele d’Amico, Berlioz cent’anni dopo , in «Chigiana», n.s. 6-7, 1969, pp. 77-103, ora in Id., Un ragazzino all’Augusteo. Scritti musicali , a cura di Franco Serpa, Einaudi, Torino 1991, pp. 111-138.

Occorre un regista eccezionale per vivere una simile avventura sulla scena lirica. Per Ronconi […] è un invito a nozze […] ci trasporta in una vorticosa cavalcata sulle ali dell’immaginazione dove il medioevo faustiano si fonde col ribellismo di Berlioz e di tutti gli spiriti liberi dell’ieri e dell’oggi: una cavalcata fantastica che inizia con la carrozza di Faust volante sulle piane ungheresi e prosegue – in un gioco ininterrotto di velari, di scorci, di quadri luminosi, di meccanismi operanti nel fondo o nella volta del palcoscenico – in una proliferazione di immagini e di apparizioni: genietti alati in pose caricaturali, gnomi con barbe e palandrane accademiche, corazzieri meccanici usciti da un carillon, e vi via, seguendo l’estro profetico e sarcastico del musicista sino all’inferno architettonico, popolato di demoni sadomasochisti sui quali un solitario angioletto vola verso un improbabile paradiso.
Rubens Tedeschi ( L’unità - 13 maggio 1995)

Ambientato in origine su palcoscenici ad alta vocazione tecnologica, ha un po’ faticato a combinarsi con spazi e contesto architettonico di un teatro storico, ma la magia sinistra c’era tutta […] il racconto scenico […], sospeso in un limbo onirico acceso dalle immaginose trovate che hanno come comune punto di partenza il metodico ribaltamento dei parametri prospettatici e delle attese figurative annunciate dal testo, procede per bagliori. Lo fa anche la musica. Vediamo la natura come dall’alto, schiacciata sul fondale con oggetti in precaria sospensione; ci ipnotizza il festone di centinaia di rose sospeso sul destino di Margherita. Ci abbaglia d’orrore la notturna cavalcata infernale che seguiamo con l’occhio di diverse macchine da presa e non possiamo che sorridere alle mini-Ciccioline che diventano rosei spiriti dell’aria o al grottesco balletto dei fuochi fatui.
Angelo Foletto ( La repubblica - 13 maggio 1995)

Lo spettacolo di Ronconi rappresenta una fra le letture più radicali che un regista possa apportare all’interpretazione dell’opera […] senza spiegazione rimane la partecipazione numerosa e disordinata dei bambini danzatori: prima ignudi, poi barbuti e in frak non sono mai sincroni tra di loro, né tantomeno con la musica. […] Questa visione dolciastra del mondo dei bambini non piace […]. L’idea di Ronconi era di miniaturizzare i sentimenti, di alleggerire col passo lieve di bambini il mito di Faust. Così invece si va a pari col tono melenso delle pubblicità dei prodotti per l’infanzia. Parimenti sarebbe stato meglio evitare (anche se purtroppo è un guaio comune negli spettacoli ripresi non dall’autore) la carrozza che si inceppa a metà percorso, la tela del bosco tirata di sbieco e tutta la ferraglia dei rumori dietro le quinte.
Carla Moreni ( L’avvenire - 13 maggio 1995)

Ogni qual volta le regìe di Ronconi hanno un che tra l’equivoco e l’ibrido, la volontà dell’autore non è rispettata. Ronconi ha una tale passione per i macchinari di scena da far supporre che attraverso le sue regìe realizzi un inconscio desiderio di ingegneria meccanica. Se il connubio tra immagini e musica gli è così estraneo di conseguenza penso che non ami i cantanti se li fa cantare sospesi in posizioni anomale.
Marcella Pobbe ( Il giornale di Vicenza - 26 maggio 1995)

Scheda a cura di Jacopo Pellegrini



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