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Luca Ronconi
 
Lodoïska

(a. Luigi Cherubini)
(sc. Margherita Palli)
(c. Vera Marzot)

libretto: C.F. Filette-Loraux, tratto dal romanzo Les aventures du chevalier de Faublas di J. B. Louvet de Coudray
concertatore e direttore d'orchestra: Riccardo Muti
direttore del coro: Roberto Gabbiani
direttore dell'allestimento scenico: Raoul Farolfi

Orchestra e coro del Teatro alla Scala di Milano

Personaggi - interpreti:
Lodoiska, principessa d'Altanno - Mariella Devia
Lynsinka, nutrice - Francesca Pedaci
Floreski, giovane conte polacco - Bernard Lombardo
Titzikan, capo dei Tartari - Thomas Moser
Varber, servo e confidente di Floreski - Alessandro Corbelli
Durlinski, barone polacco - William Shimell
Altamoras, scudiero di Durlinski - Mario Luperi
Talma, luogotenente di Titzikan - Danilo Serraiocco
Primo emissario - Pietro Spina
Secondo emissario - Ernesto Panariello
Terzo emissario - Enzo Capuano
Primo Tartaro - Renato Cazzaniga
Secondo Tartaro - Aldo Bramante

Allestimento del Teatro alla Scala



Milano, Teatro alla Scala
22/02/1991


Senza Lodoïska e Le due giornate di Cherubini forse non avremmo mai avuto il Fidelio di Beethoven: e già questa benemerenza basta e avanza per assicurare loro un posto di tutto rispetto in ogni libro di storia della musica. Ma ogni tanto è bene rifare una visitina al teatro musicale di Cherubini nel vivo della rappresentazione; benissimo poi se l’allestimento, come questo (...) è di qualità suprema per la fusione di direzione, regia, canto e recitazione. L’edizione diretta da Riccardo Muti e Luca Ronconi parte dalla fedeltà più scrupolosa alla comédie héroique che nel luglio 1791 conquistò il pubblico parigino del teatro Feydeau: cioè lingua originale e sopra tutto rispetto delle parti dialogate, conservate quasi per intero, in modo da restituire quel ritmo alternato fra musica e commedia essenziale a comprendere il genere cui Lodoïska appartiene.
Giorgio Pestelli ( La Stampa - 24 febbraio 1991)

Ma Lodoïska ha trovato anche uno straordinario spettacolo. La scena prospettica e ardita di Margherita Palli ha preparato, con i costumi di Vera Marzot, un campo d’azione esemplare a Luca Ronconi, che s’è limitato a raccontare la storia. Ma con gesti perentori, scelte espressive di notevole impatto drammatico e visivo, ironia soffusa. Tant’è che il racconto ha perfino immagazzinato una catturante dose di compiaciuta credibilità rappresentativa, mantenendosi a un livello costante di struggente bellezza e visionaria teatralità.
Angelo Foletto ( La Repubblica - 24 febbraio 1991)

Grandi torri e ponti stilizzati vanno e vengono orizzontalmente sul grande palcoscenico della Scala. Su questi ponti e torri – ancorati con cavi d’acciaio o con imbragature da paracadutisti a carrelli mobili, dando la sensazione a chi guarda di camminare in verticale – si muovono tartari e soldati che combattono tra loro per la bella Lodoïska, principessa prigioniera del crudele barone Durlinski. E mentre si incrociano le spade, ecco approssimarsi dalle quinte di proscenio l’incendio – fiamme rosso fuoco simili a strani cespugli – che renderà possibile la liberazione della ragazza. Tutto si muove nella Lodoïska secondo Ronconi, in omaggio non solo alla simulazione dell’azione cara a questo regista, ma anche in sintonia con il ‘movimento’ della musica di Cherubini e con quello drammaturgico del libretto. ‘È come – spiega – se tutto fosse visto non dal punto di vista abituale, quello frontale, del pubblico, ma da quello dei personaggi della vicenda. Il punto di vista, dunque, da cui guardare l’azione varia di volta in volta ed è in qualche modo eccentrico’. Eppure, malgrado questa inversione prospettica, lo spettacolo non proporrà dell’opera una visione fiabesca e soprannaturale. ‘Il fiabesco e il soprannaturale – dice Ronconi – non c’entrano nulla con questo lavoro, che non è una fiaba, ma un racconto d’avventure che si concluderà con il lieto fine tipico delle cosiddette opere di salvataggio. In questo caso a essere salvata e resa al suo innamorato è lei, Lodoïska. E io mi sono fatto il punto d’onore di rimanere fedele allo spirito del racconto che il librettista Fillette-Loreaux ha tratto dal romanzo di de Caudray’. Lodoïska è stata composta nel 1791, ma l’esperienza traumatica della rivoluzione francese è. secondo Ronconi, difficilmente rintracciabile al suo interno. ‘Mi sono chiesto – dice – in che misura il tempo storico si rifletta in questo libretto. E ho trovato che, perlomeno a livello drammaturgico, quest’incidenza è piuttosto sbiadita. Non basta, infatti, vedere un tiranno punito per sostenere che ci troviamo di fronte a un’opera rivoluzionaria. L’ho guardata, allora, come una figlia della cultura teatrale del suo tempo, senza enfatizzare ma cercando una compattezza e di mediare fra la qualità drammaturgica non eccelsa del libretto e la nobiltà della musica di Cherubini, senza vederci a tutti i costi un sovrasenso che non c’è.
Maria Grazia Gregori ( L’Unità - 22 febbraio 1991)

Ronconi, partendo dalla fedeltà della leggerezza fiabesca, va oltre e dà alla comicità di Cherubini il suo vero tono agghiacciante, percepibile soprattutto nel secondo atto, in un interno dalla scena spoglia e rigorosa: l’episodio, buffo sulla carta, dei tre emissari che devono avvelenare i nostri eroi, sapeva di Offenbach per l’ironia diaccia, e la chanson à boire cantata da cinque lividi personaggi schierati in riga annullava la spensierataggine in qualcosa di sinistro.
Giorgio Pestelli ( La Stampa - cit.)

Nella ripresa estiva al Ravenna Festival la compressione scenografica ha favorito un’esaltazione e una condensazione spettacolare. Perlomeno fino alla scena conclusiva, il racconto fantastico e prospetticamente illusionistico è parso addirittura migliorato. Sistemata su un palcoscenico meno profondo, più a ridosso della ribalta, la scenografia di Margherita Palli e la narrazione elegantemente divertita di Luca Ronconi hanno guadagnato un nuovo ritmo di immagini, un’accentuazione dell’elemento surreale e magico di questo allestimento stupefacente per fantasia e avventurosità scenica. L’acustica più raccolta, unita all’emozionante tensione impressa dall’interpretazione di Muti, ha naturalmente favorito la lettura musicale e la riflessione sulla vera natura di quest’opera.
Angelo Foletto ( La Repubblica - 14 luglio 1991)



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