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ISSN 2279-9184

ateatro 89.9
10/7/2005 
Il corpo gioioso del Living Theatre...
...e il corpo ologramma del Terzo Millennio
di Cathy Marchand
 

quanto sta succedendo succede perché il nostro teatro
accetta le modalità di procedura di una società omicida
e le fa apparire meravigliose
fa gran caso di banalità
in una vita di tribolazioni
fa apparire tollerabile l’intollerabile
fa sembrare la vita piacevole e divertente e dà facili risposte
e quando chiedo perché il pubblico permetta a ciò di accadere
mi accorgo tristemente che è davvero
perché questa vita che meniamo sta diventando insopportabile
e l’inganno delle scene
è una consolazione
anche se nessuno ci crede
ma la gente preferisce far finta che sia vero perché allora le cose
forse non sono tanto brutte
così il teatro del nostro tempo diventa un luogo di frode e travisamento
quel che succede lì è inganno
per chi ama essere ingannato
se vuoi vedere la verità devi essere pazzo abbastanza pazzo
da affrontare l’orrore

Julian Beck
, Meditazione 11, 1963


Da quando Julian Beck se n’è andato da questo pianeta per me attrice del Living è diventato importante trasmettere la base della ricerca teatrale di questo gruppo che portò la rivoluzione nel teatro del Novecento esibendo il “corpo gioioso” con quel felice ascetismo che lo ha caratterizzato negli anni.
Lavorando da anni alla formazione dei giovani attraverso seminari e stage in varie scuole d’arte drammatica ed università europee, il mio sguardo è molto sensibile all’evoluzione che il “corpo gioioso” ha subito nel terzo millennio. Si può dire che si è passati dal corpo come strumento di poesia, dal quale il gesto e l’architettura dei corpi esaltava una possibile via di liberazione dalle sovrastrutture dell’artificio, a un “corpo ologramma” dove l’ostentazione di muscoli scolpiti, nudo glamour portano alla costruzione di un dandismo falsamente rilassato, strumento di un “ologramma” che esiste nel momento e sparisce quando non è più visibile. Lavorare con gli strumenti della memoria diventa per me un’urgenza di esistere e dunque di rappresentare attraverso il linguaggio del corpo la “traversé à travers le miroir”.
Portare nel presente il Living Theatre come forma pedagogica mi dà la possibilità di sperimentare ed esplorare un mondo di azione fisica che passa sì per la memoria ma si concentra su un lavoro dell’istante dove il corpo sente “l’autorità” di essere lì in un momento preciso. Partendo sempre dall’improvvisazione libera come fonte di ispirazione, si fanno esercizi senza forzature: non si mira alla perfezione meccanica ma al rigore tragico della materia fisica. Muoversi nell’istante ma con la consapevolezza del limite e della “divina perfezione” mi porta a ritrovare il “corpo gioioso” e farlo passare attraverso lo specchio del terzo millennio.
E’ evidente che i giovani, per esempio gli studenti delle scuole d’arte drammatica o classiche, abbiano delle resistenze ad avvicinarsi a queste tecniche perché l’esperienza richiede uno sforzo totale e le abitudini sono già abbastanza radicate anche nei giovani attori. Ma quando lavori diverse ore al giorno insieme con il rigore del muoversi nell’istante ci si lascia indietro l’artificio e il fluire del corpo trova naturalmente la sua origine. L’urgenza è il rappresentare una partitura collettiva dove il creare da se stessi assieme agli altri è un unirsi in tanti impulsi che ballano e battono insieme. Non partendo mai dal fatto che voglio intrattenere il pubblico ma comunicare con esso. Dunque il lavoro pratico diventa un viaggio estatico perché il tempo passato insieme porta a essere profondi, sinceri, onesti, nell’istante del movimento.
Non si può far altro. Si coniuga perfettamente il sole d’Oriente del rituale con l’urgenza di Piscator dell’essere presente, questo è il mio personale percorso nella memoria del corpo Living. Trovare oggi l’entrata per attraversare lo specchio grazie al corpo con la sua essenzialità rigorosa.
Quando facevo la scuola di teatro con Jean Louis Barrault, cercavo disordinatamente questa entrata magica che mi portasse la vivere il corpo in modo diverso dal clichè; il Living mi ha fatto trovare l’entrata segreta dello specchio con la sua poca scenografia, il poco make-up, con il corpo messo a nudo come un Cristo iconoclasta. Voler redimere il mondo con il suo sacrificio sulla scena mi ha fatto superare le mie sovrastrutture meccaniche. Oggi il mio lavoro è far entrare nel corpo ologramma “una bottiglia in mare...” con il messaggio che l’attraversamento dello specchio è un ponte per trovare la creazione di un nuovo corpo gioioso che possa trovare la sua immagine attraverso una memoria evolutiva come uno spazio vitale.


 
 
 
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