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ISSN 2279-9184

ateatro 70.5
6/10/2004 
Lettera aperta a Luca Ronconi
A proposito degli spettacoli per le Olimpiadi di Torino 2006
di Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino
 

Caro Luca, il suggerimento che segue potrà sembrare ingenuo o forse provocatorio: invece è una proposta su cui abbiamo meditato e che non ci sembra del tutto balzana. Dei progetti per Torino/Olimpiadi 2006 si è scritto molto, anche se non sappiamo gran che degli spettacoli che realizzerai in quell’occasione. Perché finora si è parlato soprattutto di soldi: i cinque, sette o otto miliardi di euro (a seconda delle fonti) destinati un progetto articolato, che ti vede artefice unico, e che, se abbiamo capito bene, prevede l'allestimento di cinque diversi spettacoli in altrettante sedi: cinque luoghi «simbolici» di una città che è diventata anche simbolo della fine o della trasformazione dell'era industriale. In linea con alcune delle tue ricerche più recenti, questi spettacoli-evento tratteranno temi di carattere scientifico, filosofico, economico, intrecciando il linguaggio del teatro con altri «generi», linguaggi, discipline. E’ una direzione di ricerca che abbiamo apprezzato e continuiamo ad apprezzare, e che ci pare trovare eco in altre esperienza della scena contemporanea.
Il programma è interessante anche per l'impostazione organizzativa: ogni produzione – se abbiamo capito bene – si appoggia a un teatro/ente coproduttore, che ospiterà la fase preparatoria dei diversi progetti nel corso del 2005, per poi presentarli, nella versione finale, dopo il debutto torinese. Precisiamo subito che non siamo «pauperisti»: non entriamo dunque nel merito del costo del progetto, che evidentemente corrisponde alle necessità del lavoro. Oltretutto sappiamo bene che, come per Infinities, nel budget vanno previsti i costi di approntamento degli spazi, nessuno dei quali è già teatrale (e questo è un ulteriore elemento di interesse). E restiamo ammirati dalla tua ben nota – ma sempre straordinaria e sorprendente, o se preferisci felice – capacità produttiva (anche perché, oltre ai cinque spettacoli torinesi, nei prossimi anni ne allestirai anche altri, da Milano a Roma...).
Ciò nonostante ci permettiamo farti la nostra modesta proposta.
Se invece di cinque spettacoli a Torino tu ne facessi solo quattro? Se i mezzi destinati al quinto progetto li mettessi a disposizione di altri?
Non altri qualsiasi, ovviamente, ma persone e progetti scelti da te, sulla stessa linea di pensiero e di lavoro, che ti accompagnino in questa nuova avventura. Ci sono in Italia diversi artisti giovani (e magari meno giovani) cui non mancano le idee, le capacità, la buona volontà: ma a loro mancano mezzi (soldi). E' probabilmente vero che il genio emerge comunque, in ricchezza e in povertà, ma con quale fatica! I pochi mezzi a disposizione il teatro italiano tende insieme a disperderli in mille rivoli e a concentrarli su pochi (che se lo meritino o meno). Il sistema del teatro pubblico non offre opportunità serie di ricambio generazionale e di ricerca – se non molto di rado. I festival hanno budget risicatissimi, oppure rincorrono eventi. E se dal circuito internazionale ci arriva la notizia che il nostro teatro non è poi così male, l'accesso è circoscritto a specifici linguaggi, internazionali appunto (ci riferiamo anche alla tua conversazione con Quadri su «Repubblica» del 25 marzo): gruppi e spettacoli che se spesso rappresentano punte di eccellenza, non di rado si modellano sulle regole dell'import-export. E se queste sono le tendenze di sempre, aggiungi che la deriva politica culturale del nostro paese ha chiuso e sta chiudendo ulteriori spazi. I tempi per mettere a fuoco e valutare i progetti ci sarebbero (e i progetti interessanti, ne siamo certi, non mancherebbero). Supponiamo – da spettatori informati – che diversi artisti stiano attualmente lavorando su percorsi affini, e che dunque la coerenza generale dell’iniziativa sarebbe salvaguardata. E siamo convinti che il tuo impegno nella scelta degli artisti e dei lavori costituirebbe una garanzia per i partner (Enti locali, comitato olimpico, teatro stabile), incuriosirebbe stampa e pubblico, sarebbe apprezzata a livello sia locale sia internazionale.
Una apertura di questo genere, oltretutto, ben corrisponde alla tua autentica vocazione pedagogica, a una costante attenzione ai giovani e alla formazione che si è concretizzata in diverse occasioni: in scuole, corsi di teatro, masterclass, e soprattutto nelle compagnie che hai formato.
Non si tratterebbe solo un bel gesto, ma anche di arricchire un progetto già articolato con alcune ipotesi di lavoro diverse. La quota di risorse da dirottare in questa direzione, anche nell'ipotesi minima (se il teatro stabile non caricasse troppo le spese generali, s'intende), sarebbe comunque eccezionale rispetto agli standard produttivi «indipendenti».
Siamo certamente ingenui, parliamo a titolo personale, non avendo alle spalle né istituzioni né pulpiti autorevoli. Probabilmente – per mille ragioni pratiche che non stentiamo a immaginare – la nostra proposta sarà difficilmente praticabile. E tuttavia ci sembra che un impegno come quello profuso per «teatralizzare» le prossime Olimpiadi meriti almeno una riflessione.
Buon lavoro e a presto

Mimma Gallina
Oliviero Ponte di Pino


 
 
 
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