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ISSN 2279-9184

ateatro 145.25
10/25/2013 
#BP2013 @Valore Cultura Che fine farà la ricerca?
Riconoscere specificità e attivare sinergie per il rinnovamnento
di Massimo Munaro (Teatro del Lemming
 

La parola “ricerca” compare nel linguaggio del FUS solo come appellativo dei Teatri Stabili di Innovazione che dovrebbero, il condizionale è d’obbligo, fare della ricerca la loro ragione d'essere. Le Compagnie di Teatro di ricerca rientrano invece, in base all'art. 12 del D.M. 12 novembre 2007 sui criteri e modalità di erogazione del fondo, come “Imprese di produzione” al pari di tutte le altre compagnie di teatro italiane, dall'operetta alla prosa, dall'innovazione al teatro per l'infanzia.
Inutile dire che, stante tale definizione, la percentuale del contributo ministeriale destinata alla ricerca è solo una minima parte di quello destinato alla totalità delle compagnie di teatro.
Il problema è che, anche in termini più generali, il sistema teatrale italiano non sembra tutelare in modo corretto la ricerca teatrale. Fra le Compagnie della Ricerca, le Stabilità (pubbliche, private o d’innovazione che siano) ed i Circuiti teatrali spesso non esiste infatti alcuna sinergia positiva. E questo accade sia perché il modello di riferimento per questi Enti continua ad essere per lo più il teatro di Prosa, o perlomeno un teatro che abbia una qualche rilevanza paratelevisiva (i comici, i monologhi, i narratori, ecc.); sia perché le modalità produttive e distributive di questi soggetti sono antitetiche a quelle assai più dilatate necessarie ad una reale sperimentazione artistica.
Se la “ricerca” e la sperimentazione sono davvero il cuore pulsante di qualsiasi attività umana, se è attraverso la ricerca che un sistema può dirsi vivo, i Decreti attuativi del D.M. “Valore cultura” potrebbero essere l'occasione giusta per riconoscere il lavoro delle Compagnie che fanno di questo la loro ragione di vita? Oppure in quale altro modo, il suo Ministero, intende sostenere la ricerca teatrale in Italia?

 

 
 
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