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ISSN 2279-9184

ateatro 108.25
5/15/2007 
Festival europeo del teatro di scena e urbano: c'è qualcosa che non va?
Alcune riflessioni in occasione della presentazione alla stampa del Festival della Città di Mantova
di Luigi Alcide Fusani *
 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. ateatro ospiterà volentieri eventuali repliche.

Un anno fa, ci siamo riuniti qui carichi di speranze, per presentare la prima edizione di questo Festival di teatro in cui accanto al teatro tradizionale, da palco, si proponeva una selezione di spettacoli di teatro urbano.
L’Italia negli ultimi venticinque, trenta anni, dando prova di un provincialismo veramente inconcepibile, è rimasta quasi completamente estranea allo sviluppo che il teatro urbano ha avuto in tutta Europa.
Ben diversamente le cose sono andate in altri paesi, come la Francia, la Spagna, la Germania, il Belgio, dove le esperienze di teatro urbano hanno potuto svilupparsi in modo estremamente vario e articolato essendo state adeguatamente sostenute sia da finanziamenti pubblici (dallo Stato, dalle regioni, fino alle municipalità) sia da sponsorizzazioni di privati attenti e intelligenti che hanno scelto di associare la loro immagine a manifestazioni caratterizzate positivamente dal senso della festa e dalla gioia di stare insieme.
In questi paesi, il lavoro degli artisti è stato accompagnato, oltre che dallo straordinario successo di pubblico (quello che da noi è riservato solo ai più importanti eventi sportivi), da una riflessione teorica, di alto livello, avvenuta all’interno delle università. Tale riflessione si è svolta e si svolge nelle facoltà di teatrologia, ma anche in quelle di antropologia, di sociologia, di urbanistica, di economia…
Altrettanto bene le cose sono andate anche nei paesi dell’Est, in Polonia, in particolare, dove il teatro urbano ha svolto una particolare funzione di stimolo della riflessione pubblica e civile, affrontando temi collettivi profondi, scottanti e toccanti.

Un anno fa, finalmente, anche noi abbiamo visto una inversione di tendenza.
Abbiamo avuto, e ancora abbiamo la speranza che in questo settore, l’Italia possa uscire dal provincialismo in cui è stata relegata da anni di politiche culturali insensate, clientelari, e di nessuna prospettiva.
Accanto al piccolo Festival del Polo culturale dei Navigli, -piccolo, ma di qualità- sostenuto meritoriamente dalla Provincia di Milano, e che ha il suo centro in Abbiategrasso, si è posto il Festival “TEATRO” di Mantova che subito ha suscitato grandi aspettative sulla scena nazionale e soprattutto internazionale. Manca infatti, in Italia un grande Festival degno di entrare nel circuito dei grandi, accanto a Aurillac, Chalon, Tarrega, Holtzminden, Namour…
Abbiamo parlato di Mantova come di un centro di eccellenza, un crocevia in cui potessero incontrarsi e confrontarsi le principali esperienze europee sia di paesi dell’est che dell’ovest.

L’edizione del Festival 2006, ha presentato una scelta parziale di quella che è l’ampia gamma di direzioni in cui si è sviluppato il teatro urbano.
Siamo sicuri che in città nessuno ha dimenticato le magiche immagini sull’acqua della compagnia francese Ilotopie, e neppure le provocazioni geniali e mai gratuite dei Cacahuète o dei Gens de Couleur.
Siamo sicuri che in città molti avranno ricordato le coreografie degli Oplas, che danzano in piazza Erbe, coi trampoli, sulle musiche della Carmen di Bizet.
E siamo sicuri anche, che migliaia di cittadini, attraversando gli ampi spazi del Palazzo Ducale, avranno rivissuto lo stupore e la meraviglia provocati dalle immagini, dalle parole, dalle musiche del grande evento coordinato dal Teatro Potlach, ispirato alle Città Invisibili di Italo Calvino.
Il successo della edizione 2006 è stato totale e incontestabile, sia per afflusso, sia per gradimento.

Ci aspettavamo per questa edizione del 2007 un maggiore sostegno, e la possibilità di mostrare una rassegna ben più ampia di quella offerta l’anno scorso.
Ci saremmo aspettati che oltre alla Amministrazione Comunale, che ringraziamo calorosamente per il notevole sforzo compiuto anche quest’anno, sarebbero intervenuti con forza e determinazione altri soggetti pubblici e privati. Ma così non è stato.

Il Ministro Rutelli, ha deciso di finanziare un grande Festival di teatro del “tipo il Festival di Avignone o Edimburgo”. Non era proprio il caso di scatenare la concorrenza tra città e regioni, per vedere chi riusciva a improvvisare dal nulla il progetto più bello; ai progetti e alle idee c’è chi ci lavora seriamente, e meriterebbe più attenzione; signor Ministro, si guardi in giro: il progetto, un grande progetto, giusto, sensato e ben strutturato era già qui, bello pronto; mancava solo il finanziamento. E manca ancora.

Lo stesso discorso si può fare per la Regione Lombardia, dove sono state presentate due proposte di legge (le indicheremo come proposta Maullu e proposta Saponaro) ricalcate sul modello di quella della regione Piemonte.
Il modello della regione Piemonte non funziona. Lo ha riconosciuto una commissione della regione stessa. Questa legge premia (con un finanziamento di ben 50.000 euro) i comuni che si dimostrano “ospitali” verso gli artisti di strada. Cioè quelli che non ostacolano troppo chi vuol far spettacolo a cappello, che siano clowns, musicisti o madonnari, non importa.
Ogni anno vengono premiati comuni diversi, che per un anno riescono a fare “qualcosa” e l’anno dopo si ritrovano da capo a non poter più fare nulla.
Oltre tutto nella legge manca una indicazione specifica di come debbano essere investiti i denari assegnati (e pare che ci sia chi li ha investiti per rifare il pavimento della piazza).

La proposta Maullu si preoccupa solo di definire luoghi e durate delle esibizioni in modo tale da rispettare il traffico, i bottegai, il decoro.
Gli artisti “devono svolgere attività in forma spontanea non finalizzata al lucro”.
Forse è così che pensano di sviluppare e valorizzare le professionalità!
E in più questi artisti che “devono svolgere attività in forma spontanea non finalizzata al lucro” devono anche essere inscritti ad un albo di categoria (come notai, avvocati, giornalisti e farmacisti); chissà se dovranno anche sostenere un concorso di Stato per essere iscritti a questo albo.
La proposta Saponaro è uguale a quella Maullu, con qualche clausola restrittiva in meno.
Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo se il Piccolo e la Scala fossero stati regolamentati fin dall’inizio in questo modo!

Ci rendiamo conto, a questo punto che ancora una volta è necessario ribadire la differenza tra “artisti di strada” (statue, animatori, clowns, buskers, madonnari… verso i quali va comunque tutto il nostro rispetto) e “teatro urbano”.
Teatro urbano è teatro negli spazi aperti; è portare il teatro a quei cittadini che abitualmente sono esclusi dalla fruizione di eventi culturali; il teatro urbano è organico al tessuto metropolitano, cioè lo stesso spettacolo in due tessuti urbanistici differenti diventa due spettacoli diversi; e per finire possiamo citare Renzo Vescovi, che cita a sua volta Artaud: teatro urbano è poesia nello spazio.
Sappiamo che stiamo parlando di cose che pochi hanno visto, e quindi sono pochi i riscontri che permettano di capire, ma il teatro urbano non si improvvisa: occorrono compagnie, gruppi di persone, gruppi di professionisti dotati di un affiatamento straordinario; occorre intelligenza, occorre allenamento, occorrono mezzi e risorse.
Chi ha presentato le proposte di legge alla Regione Lombardia, ha semplicemente ignorato il teatro urbano. Siamo stanchi di persone che fanno leggi con tale superficialità.

Una legge seria dovrebbe prima di tutto prendere atto delle realtà storiche, consolidate operanti sul territorio.
Nella nostra regione c’è il Festival, diciamo così, “di Abbiategrasso” che da dodici anni mantiene, pur con le ridottissime risorse, uno standard di qualità ottimo, ed è apprezzato e riconosciuto in tutta Europa.
C’è il Teatro Tascabile di Bergamo. E’ famoso in tutto il mondo, non ha i soldi per fare nuove produzioni e nuovi progetti; il suo Festival “E sonavan le vie d’intorno”, dopo oltre trent’anni di storia, non ha i fondi per sopravvivere.
C’è Brescia, con il Festival di nuovo circo e danza contemporanea diretto da Cristoforetti.
C’è Mantova, che si propone di essere un ponte tra le due culture del teatro urbano, quella occidentale e quella dell’Est.
C’è il Silence, che è famoso in tutta Europa, da Barcellona a Mosca; aveva un Festival; l’anno scorso c’erano solo quattro spettacoli.
C’è il teatro dell’Aleph e ci sono tante altre realtà molto interessanti, apprezzate e invitate in tutta Europa.

E dunque: una legge seria, prima di tutto dovrebbe sostenere l’esistente di qualità. Dovrebbe fornire, con regolarità annuale, come al Piccolo, alla Scala, al CRT, all’Elfo, al Franco Parenti, al Buratto, al Litta ecc. ecc. i mezzi per sviluppare i progetti seri che esistono, e che mai non decollano. Non si buttano i soldi, in maniera clientelare ai comuni che si inventano dall’oggi al domani “l’accoglienza ospitale” verso gli artisti di strada, che vengono a lavorare a cappello.
Non si buttano i soldi quando i nostri Festival faticano a mantenere il livello di qualità e di interesse, necessari per segnalarsi a livello internazionale.
Non è questa la politica da praticare per conseguire l’eccellenza, per costruire le Avignoni e gli Edimburgo.
Urgono provvedimenti seri. Chi deve provvedere, provveda.

* Consulente artistico per il teatro urbano del Festival della Città di Mantova
Arlecchino d’oro
TEATRO
Festival europeo del teatro di scena e urbano

 

 
 
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