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ISSN 2279-9184

ateatro 142.42
1/25/2013 
#bp2013 La migliore delle selezioni possibili
La responsabilità di chi sceglie, la responsabilità di chi viene scelto
di Giovanna Marinelli
 

Che significato assume la parola selezione nel mondo della cultura in generale e in quello dello spettacolo in particolare? Chi si deve far carico della selezione? Perché e come va fatta?

Va brandita come un arma o maneggiata come un oggetto delicato e scivoloso? E’ una bandiera o una gabbia? Esiste la migliore delle selezioni possibili?


Partiamo da Einstein : “Uno dei maggiori guai dell’umanità non consiste nell’imperfezione dei mezzi, ma nella confusione dei fini.”
Selezionare vuol dire scegliere gli elementi migliori o più adatti a un determinato fine. Nel nostro caso “elementi” sta per idee /beni immateriali prima ancora che businnes plan e piani organizzativi/gestionali. Dunque il compito per chi deve compiere la scelta è particolarmente complesso, a volte arduo e non si può ricorrere a semplificazioni frettolose
Ovviamente questa complessità vale per qualunque soggetto pubblico o privato che debba operare una scelta analoga e sappiamo che si traduce in procedure vincolanti per le Istituzioni Pubbliche e le Pubbliche Amministrazioni. Lo scopo di tali regole è quello (se vogliamo ovvio, ma sappiamo che ovvio non è) di impedire clientelismi e/o cooptazioni, di favorire la concorrenza a vantaggio dell’Amministrazione committente e dei cittadini, di offrire opportunità a platee più ampie ( per esempio, alle giovani generazioni) di operatori.
La PA ha l’obbligo nello svolgimento di una selezione di verificare l’efficacia sociale della propria azione, non dimentichiamolo.
Sappiamo anche che il punto critico della migliore delle selezioni possibili è la capacità di riconoscere/far emergere il “nuovo”. E’ il tema attualissimo delle start up, che la cultura in generale e il teatro in particolare deve affrontare con determinazione. Non si può chiedere il riconoscimento di PMI senza porsi il tema di chi viene dopo di noi.
E’ però anche il tema antico del controverso rapporto tra selezione quantitativa e selezione qualitativa. I numeri sono oggettivi e si pesano, mentre la qualità è soggettiva e volatile… Ma il futuro è nelle idee o nei numeri?
Sappiamo anche che le procedure più rigorose non sempre riescono a raggiungere questo nobile scopo: ma a noi qui non interessano né il malgoverno strategico né il diffuso malcostume: ci interessa invece dare un contributo di riflessione e di proposte a una buona pratica qual è quella della selezione.

La prima cosa che dobbiamo chiarire sono i VANTAGGI che la selezione può offrire se fatta con i giusti strumenti:

a. Trasparenza. Dei fini e dei mezzi, ma anche degli impegni del committente e degli obblighi del beneficiario. Trasparenza vuol dire qualche piccolo importante gesto:
- da parte dell’Amministrazione, rendere pubblici i criteri di selezione, i soggetti beneficiari, l’entità dei contributi.
da parte dei beneficiari, predisporre un bilancio sociale dell’attività, evidenziare nelle opere l’entità del contributo ricevuto.

b. Azione efficiente, efficace ed economica: risultati misurabili (non solo sul piano numerico) e sobrietà economica.
c. Concorrenza e opportunità: selezionare anche per scoprire nuove idee, nuovi orizzonti, nuove generazioni.
d. Migliorare il benessere (materiale e immateriale) della collettività, cioè migliorare la partecipazione, l’accesso. Quindi formare il pubblico di riferimento.

Per ottenere questi vantaggi, non basta la buona volontà. Occorre che il committente pubblico:

a. Non dimentichi la propria mission.
b. Sia competente e informato.
c. Abbia una visione strategica e di sistema del proprio territorio/ambito. Cioè delle priorità rispetto allo sviluppo culturale e sociale (lavoro, innovazione, giovani generazioni, ecc.)
d. Si doti di efficaci e condivisi strumenti di valutazione dell’offerta, dei risultati e di monitoraggio delle fasi

In un battuta, si potrebbe dire che il SELEZIONATORE VA SELEZIONATO CON CURA. Insomma, dobbiamo esigere il MIGLIORE DEI SELEZIONATORI POSSIBILI.
A questo punto è utile riflettere sul “quando” e a “cosa” applicare la selezione, con quali modalità, perché troppo spesso una procedura virtuosa diventa una panacea inutile se non dannosa. Per esempio:

- La selezione si applica anche ai membri delle commissioni selezionatrici?
- La selezione si applica alle nomine nelle pubbliche amministrazioni?
La selezione si applica anche a un prodotto artistico?
La selezione si applica anche…

Sono solo esempi per dire che la selezione non è una bacchetta magica di per sé, ma un metodo di lavoro, che di volta in volta si avvale dello strumento operativo più idoneo (bandi, avvisi per reperire idee, bandi per manifestazioni di interesse, project financing, convenzioni…) e che si dà tempi reali di apertura e chiusura del procedimento.
Soprattutto, la selezione è assunzione di RESPONSABILITÀ che si fonda su onestà intellettuale, competenza, verifica, ascolto.

Come fare la selezione

Il mezzo da utilizzare per la selezione va individuato in relazione agli obbiettivi, ma la premessa indispensabile è che deve essere calibrato in modo da rispondere alle esigenze del territorio e alla sua storia socio-culturale. Dunque non può prescindere dal rafforzare il legami tra chi offre (la PA) e chi riceve ( il cittadino), tra il prodotto offerto (il potenziale beneficiario) e il bacino che ne deve fruire (la comunità attraverso il committente).
Un progetto culturale ( qualunque esso sia) non si mette a bando per un capriccio o peggio per un obbligo di scambio politico elettorale, ma presuppone una committenza consapevole del PAESAGGIO CULTURALE cui fa riferimento, esigente sui requisiti di partecipazione, risoluta nei tempi e nelle procedure,
Amministratore, da “minister”, servitore/esecutore, ma anche regolatore, controllore, dal momento che è anche finanziatore/proprietario nel caso di immobili.
Questo però non è solo un invito a fare attenzione, a documentarsi, ad ascoltare, ma vuole essere un invito soprattutto a PENSARE IN GRANDE.
- Incrementare il pubblico.
- Ottimizzare e diversificare l’offerta di servizi.
- Rendere accattivanti gli spazi di accoglienza.
- Proporre forme di sfruttamento e di licenza del marchio.
- Diversificare le fondi di finanziamento.
- Affermare una logica di rete.
- Valutare le ricadute occupazionali e il benessere della comunità di riferimento.
- Assicurare la piena autonomia gestionale nell’ambio delle regole date.

C'è una responsabilità non solo amministrativa, ma anche civile del committente. Così come la responsabilizzazione del beneficiario non è solo formale (amministrativa, economica, eccetera ecc.), ma anche civile.
Un’ultima riflessione sulla CONFUSIONE ISTITUZIONALE che ormai rende incerta ogni procedura, provvisorio ogni risultato, precario ogni impegno: la confusa sussidiarietà tra stato e enti locali e la sovrapposizione cronica di funzioni e competenze da un lato (PA), la scarsa spinta innovativa e la poca propensione al rischio dall’altra parte (operatori), la sfiducia generalizzata degli utenti sull’azione/prodotto. Insomma, lo specchio del difficile momento che attraversa il nostro paese.
Solo un auspicio, a questo punto: che la leggerezza sia con noi, quella leggerezza che – come scriveva Calvino - si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso.

“ Il faut etre léger comme l’oiseau, et non comme la plume.” (Paul Valéry)

 

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