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ISSN 2279-9184

ateatro 135.37
5/21/2011 
BP2011@Torino Orizzonti e visioni: Santarcangelo 2009/2011
L'intervento alle BP 2011
di Silvia Bottiroli, coordinamento critico-organizzativo di Santarcangelo 2009/2011
 



In questi giorni il Festival di Santarcagelo ha presentato il programma dell'edizione 2011, cuata da Emanna Montanari.
Per l'occasione, pubblichiamo l'intervento di Silvia Bottiroli alle Buone Pratiche del Teatro (Torino, 26 febbraio 2011), na riflessione sul triennio 2009/2011 del festival.


Santarcangelo 2009/2011, un’idea di teatro
L’idea che sta alla base del progetto triennale Santarcangelo 2009/2011 è quella di un festival consegnato a un gruppo, composto di artisti e di critici: Chiara Guidi della Socìetas Raffaello Sanzio, Enrico Casagrande di Motus ed Ermanna Montanari del Teatro delle Albe, con Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini e Cristina Ventrucci.
Si tratta di un sistema articolato, in cui artisti/gruppi si succedono alla direzione artistica del festival, affiancati da tre critici/organizzatori, da loro scelti, che con loro discutono le linee di ricerca e che si incaricano poi, insieme a un gruppo di lavoro più ampio, di renderle reali.
Quindi la questione non è tanto sulla “direzione agli artisti” quanto sulla forza, sulla tensione e sulla scommessa di tenere insieme la potenza di esplosione di tre visionarietà artistiche forti e inconciliabili e la potenza di ritmo, di apertura, di invenzione di scenari della critica, intesa come funzione intellettuale e come pratica.
E cioè il porre al centro la creazione come paradigma, lavorare con la dismisura e con la contraddizione; intendere la “critica” come pratica di rischio, di avventura fuori dai limiti del proprio pensiero, nella convinzione che non sia necessario tanto riflettere e discutere sull'esistente, quanto portare l'attenzione su ciò che oggi chiede di essere pensato, per la prima volta.
E rivendicare, al contempo, un pensiero all’organizzazione e una concretezza alla riflessione teorica, tenendo insieme un pensiero critico che si sporca le mani e un’organizzazione che cambia abitudini, per un gioco al rialzo dell'ideazione del festival. E sullo slancio verso una “eresia della felicità”, per dirla con il titolo di uno dei progetti di Santarcangelo 41 che si terrà il prossimo luglio, che sappia reinventare i termini del nostro lavoro...

Orizzonti
Gli orizzonti fondamentali su cui si è lavorato, in termini di obiettivi e di tensione, e su cui stiamo verificando ora, alla vigilia del suo terzo “movimento”, forze e criticità di questa modalità di lavoro sperimentale, sono:
- il rapporto con la località, il paese, i suoi cittadini, questa comunità inesistente che l'arte può inventare, questo luogo che gli artisti possono insegnare a guardare con altri occhi;
- l’incontro con gli stranieri: artisti, che sono stranieri sempre al di là della nazionalità; spettatori che arrivano da lontano. In questo senso ripensare anche i termini della internazionalità: non solo ospitalità e presenza di programmatori europei, ma relazioni approfondite e investimenti progettuali con dei nostri “simili” in Europa e nel mondo, anche diversissimi per misura (ad esempio Theater der Welt nel 2010) ma vicini per visione, etica, estetica;
- cittadinanza e partecipazione: forse sono questi i due termini di un festival che si pensa come costruttore di democrazia, di pluralismo, di pensiero, in relazione con le tensioni del presente;
- l’autonomia del gruppo di lavoro tecnico e organizzativo, che sia forte, che sappia essere carne e voce di una visione di teatro e non già esecutore di un progetto: la nostra è un’utopia comunitaria, di pluralità e di orizzontalità, che ci sta creando tante difficoltà ma che è una delle forme necessarie all'incarnazione dell'idea di arte e di festival che abbiamo. Non ci sarebbe Santarcangelo senza la militanza di tante persone, che lavorano tutto l’anno o pochi mesi per continuare a trasformare in realtà il sogno di un festival impossibile (e con loro, anche gli artisti, la cui militanza è altrettanto importante).

Visioni di futuro
Questa tensione, questo esperimento, possono continuare ora rimettendo in gioco il rapporto tra artisti e funzione critica, rilanciando l'idea di un collettivo e portandovi dentro aria nuova, perché non diventi una chiusura ma un prisma in movimento che scompone la luce in molti colori, e che si lascia attraversare da molte voci, comprese quelle dei cittadini, per creare un festival che abbia senso qui e ora, che sia un punto di riferimento per la collettività teatrale ma anche per altre “minoranze etiche”.

 

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