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Cascina: la Città del Teatro festeggia i suoi vent'anni con un libro
Mentre debutta il Festival Metamorfosi (2-5 giugno)
di Anna Maria Monteverdi
 



Non poteva che cominciare con una nota di Giuliano Scabia il bel libro di Titivillus edizioni che racconta la lunga avventura della Città del Teatro di Cascina, affidato alle amorevoli cure di Renzia D’Incà, collaboratrice storica della Fondazione Sipario Toscana, nonché giornalista e autrice teatrale; la nota di Scabia racconta l’impegno che tutti dovrebbero avere a costruire il Paradiso, che sia un teatro o una piazza non importa: è necessario che “nascano tanti luoghi come il portico di Atene ai tempi di Socrate” e la Città del Teatro di Cascina (come il Centro di Pontedera o Armunia) è, a detta di uno dei maestri del teatro italiano, uno dei “possibili luoghi di passaggio e sosta, di meditazione e levitazione: luoghi dove si entra e si fa qualcosa – non solo si guarda uno spettacolo, ma si abita un po’, ci si spoglia, si balla, si discute”. Le persone che hanno dato vita a questa agorà teatrale e relativo immenso spazio di rappresentazione, il Politeama, riconosciuto dal Ministero come Teatro Stabile d’Innovazione, sono Alessandro Garzella con l’attuale gruppo di progettazione e ricerca artistica: Fabrizio Cassanelli, Emiliana Quilici e Letizia Pardi in seguito affiancati da un ragguardevole numero di collaboratori che si occupano di produzioni, di programmazione, di residenze, di laboratori e di distribuzione spettacoli e che mi piace ricordare con i loro nomi: oltre a Renzia D’Incà, Claudia Zeppi, Ornella Pampana, Antonella Moretti, Mundino Macis, Roberta Ruocco. Donatella Diamanti è stata l’autrice di moltissimi testi rappresentati dalla compagnia mentre nel 2006 entra come collaboratore per la drammaturgia Francesco Niccolini.
Difficile per me, che per lungo periodo quel luogo l’ho “abitato” come dice Scabia, non solo da spettatrice ma anche da artista in residenza e da collaboratrice, essere imparziale. Mi è troppo familiare quella insolita architettura e quella cupola che a me ha sempre ricordato ancora adesso che la vedo in copertina, una gigantesca caffettiera: sicuramente come mi è sempre successo, ancor oggi entrerei dalla parte sbagliata e riuscire a perdermi nei suoi labirintici spazi. Posso dire che l’ho visto letteralmente rinascere dalle fondamenta all’inizio del 2000, sulla base di un’idea di teatro fortemente radicata con il territorio, diventando negli anni successivi un vero modello residenziale teatrale al pari dei cantieri Koreja a Lecce o al Kismet di Bari, come ricorda nel libro Lucio Argano.



L’acqua si diverte a uccidere da Beniamino Joppolo.

La Città del teatro nasce da una passione autentica e da un’occupazione del gruppo fondatore che è ancora lo stesso di tanti anni fa; un’occupazione pacifica, “autorizzata” ma pur sempre coraggiosa. Lo spazio abbandonato e lasciato nel più totale degrado dalla Coop che lo costruì ma poi ci ripensò, una piccola compagnia teatrale (all’epoca si chiamava il Teatro delle pulci) che sogna in grande, un Comune (e un sindaco) nell’entroterra pisano che vede nel progetto culturale di Garzella un investimento concreto per un territorio non particolarmente vivace, non particolarmente ricco di attrattive. Negli anni la compagnia diventa cooperativa e poi Fondazione (Sipario Toscana) e arriva il riconoscimento regionale e nazionale che le dà la possibilità di creare progetti stabili e un Centro studi (diretto da Fabrizio Cassanelli), di gestire produzioni e programmazioni diversificate quanto a cartelloni stagionali.
Renzia D’Incà si focalizza sull’immagine simbolica del messaggio nella bottiglia per raccontare la lunga storia della Città del Teatro nata sulla scorta di una passione maturata intorno a quel teatro degli anni Settanta che faceva capo alle grandi compagnie delle avanguardie internazionali arrivate in Italia e nello specifico in Toscana: da Grotowski al Living Theatre. Il progetto Residenze del 1971 ad opera della Regione Toscana crea le basi per la nascita di un discreto numero di Centri Teatrali. Ha ragione la D’Incà ha elencare le compagnie pisane e della provincia ancora operanti e che sono nate e cresciute in questi decenni sull’onda lunga di quel progetto di residenza, perché forse può dare la dimensione di un fenomeno maturato (non solo ma) anche grazie agli spazi e alle opportunità produttive (e alla passione e alla volontà) di quei famosi centri teatrali nel frattempo consolidati e ingranditi: dai Sacchi di sabbia, al Giallo mare minimal teatro, alla Compagnia della Fortezza alla compagnia (e relativo teatro a Buti) di Dario Marconcini, al Teatrino dei Fondi di Andrea Mancini (a San Miniato), oltre alle compagnie create proprio intorno allo spazio di Pontedera e di Cascina. Se dal 1980 si può già parlare di un “sistema teatrale pisano” è perché si comincia un lavoro di recupero e messa in rete di piccoli teatri grazie al progetto regionale a cui la Città del Teatro partecipa come protagonista. E attualmente con la regione c’è una convenzione triennale che comprende i diversi soggetti del territorio che formano il sistema teatrale toscano insieme con la Città del Teatro: il Metastasio di Prato, teatro Era di Pontedera, Armunia di Castiglioncello, Fabbrica Europa e il Teatro Studio di Scandicci.



Il re è nudo!!!.

Puntuale l’analisi della D’Incà del fenomeno di un teatro che va a radicarsi in un’area quanto meno anomala e poco esposta alle correnti dell’innovazione scenica, trovando nel tempo una sua identità e unicità:
“L’identità artistica dell’attuale Città del Teatro è fondata sul postulato che i metodi produttivi poggiano su due presupposti sostanziali intrecciati tra loro: il laboratorio e la scrittura scenica. Il laboratorio è spazio di ricerca e di ascolto che affianca ogni tematica di produzione coinvolgendo spesso, assieme ai professionisti della scena, anche testimoni portatori di specifiche esperienze o dimensioni di vita, definite in base anagrafica, territoriale o comportamentale. Oltre che uno straordinario strumento di aggregazione, è un cantiere di studio agito, un’antenna percettiva sulle urgenze e i cambiamenti del sentire in relazione agli squilibri civili, un luogo di esplorazione dei rapporti che intercorrono tra artisti e comunità , tra testimoni sociali e creatori”.
La D’Incà ha partecipato anche come operatrice culturale e drammaturga, oltre che come osservatrice critica, al lavoro della compagnia ed è sicuramente la fonte “più attendibile” per ricostruire le tappe più significative di questo specialissimo luogo teatrale.
Ma sono le parole di Garzella e di tutti i collaboratori a ricostruire tessera dopo tessera le ragioni personali e collettive insieme, di una speranza che ha accomunato tanti fondatori di centri teatrali di quegli anni. Così Garzella: “Per quella generazione di artisti che ha combattuto (e in gran parte perso) le battaglie culturali svolte tra il vecchio e il nuovo millennio, l’arte è un atto spirituale di natura politica, un paradosso esistenziale e sociale, una sorta di errore genetico provocato da un provvidenziale corto circuito tra gioia e dolore, realtà e misteri, immaginazione e lavoro”.
La Città del Teatro si è occupata del settore della disabilità e del disagio (con convegni, incontri e laboratori curati da Alessandro Garzella elaborando la metodologia di relazione definita “il gioco del sintomo”),della “valorizzazione sociale dell’infanzia” (come spiega nel suo intervento Fabrizio Cassanelli) e dell’innovazione e della ricerca (con il Festival Metamorfosi). Inoltre si è occupata della formazione professionale sui mestieri del teatro (dalla scrittura alla tecnica alla scenografia).
La convenzione con la Facoltà di Lettere dell’Università di Pisa (per il corso di laurea in Cinema Musica Teatro e Produzione multimediale) porta annualmente a Cascina un bacino di utenti fortemente motivati che imparano facendo, attraverso seminari di approfondimento, stage immersivi, incontri; tra le iniziative rivolte a un pubblico specialistico va ricordato il laboratorio di pratica teatrale di Alessio Pizzech e il suo progetto di incontri Carro di Tespi e Scenari di regia contemporanea in cui sono intervenuti Enzo Moscato, Ascanio Celestini, Alfonso Santagata, Pippo Del Bono, Emma Dante, Alessandro Benvenuti. Nell’ambito della musica, Fosfeni è il progetto di electronic music e arti digitali a cura di Musicus concentus e Roberta Ruocco.
Ogni anno la Città del Teatro mette in cantiere produzioni teatrali ma anche multimediali e video, alla cui lavorazione partecipano attivamente gli studenti universitari grazie alla collaborazione con la cattedra di Sandra Lischi e grazie anche alla presenza di videomaker come Roberto Faenza, Giacomo Verde e Daniele Segre. Qua sono stati ospitati la Socìetas Raffaello Sanzio, Giorgio Barberio Corsetti, Motus.
E qua ho visto uno di quegli spettacoli di cui si conserva gelosamente la locandina per poterlo raccontare agli amici: il teatro de Los Sentidos di Enrique Vargas in un progetto unico, site specific creato per Cascina, El eco de la sombra.



Teatro ragazzi a Cascina: Chiara Pistoia.

La Città del Teatro raccoglie la bellezza di tre sale teatrali (da 100, 200 e 700 posti), sale prove, spazi conferenze e riesce ad ospitare contemporaneamente numerosi eventi e residenze. Dal 2003 hanno avuto ospitalità Adarte, Teatro sotterraneo, Katzenmacher, Babilonia teatri, Teatro del Montevaso. Anche la mia compagnia XLABFACTORY ha potuto avere una (l’unica a oggi…) residenza teatrale in quel gioiello che è il teatro Rossini di Pontasserchio di cui la Città del teatro cura la programmazione; là in un agosto di non ricordocheanno creammo il progetto cross mediale Fattoria degli Anormali dal testo di Andrea Balzola con Emanuela Villagrossi, mentre con Giacomo Verde mettemmo insieme l’ultima residenza con spettacolo finale di Storie mandaliche (testo di Balzola).
L’elenco delle produzioni è lungo, vogliamo ricordare in ordine sparso quelli a cui la compagnia della Città del teatro sono più legati: Alice per Marisa Fabbri, Bestemmiando preghiere da Pasolini, Fool Lear, L’acqua si diverte a uccidere (da Joppolo) tutti per la regia di Garzella, Diario segreto (Letizia Pardi), Ars amandi (Garzella sul testo di Renzia D’Incà), Nostra pelle (con la regia di Fabrizio Cassanelli e il testo di Niccolini), Crazy Shakespeare (Garzella e Cassanelli), Barber’s shop (regia di Alessio Pizzech). Poi il settore teatro-ragazzi a cui collabora Letizia Pardi, Fabrizio Cassanelli per la regia e Chiara Pistoia e Francesca Pompeo come interpreti. E infine il progetto Scream: sostenere i diritti dei bambini attraverso l’educazione, l’arte e i media di Francesco Niccolini e Fabrizio Cassanelli.
Faccio uscire questo pezzo in occasione del Festival Metamorfosi dove andrò come molti critici teatrali, giornalisti, operatori e semplici spettatori a vedere debutti importanti e progetti originali (Egum Teatro, Massimo Verdastro, Enzo Moscato, Sacchi di sabbia), o dove andrò, come dice Scabia, semplicemente ad “abitarci un po’, a discutere e a ballare”.
Mille auguri Città del Teatro, ci ritroveremo tra vent’anni.



L'autrice di questo testo sul set del video per La fattoria degli anormali con la protagonista Emanuela Villagrossi.


SPECIALE ELEZIONI 2011

La cultura e lo spettacolo nei programmi elettorali

LE CITTA'
Milano: il "metodo Pisapia" e le "cose fatte" della Moratti
Torino: Piero contro Michele
Ravenna: Capitale della Cultura 2019?
Cosenza: la differenza tra destra e sinistra
Napoli: (soprav)vivere di cultura?
Bologna: come rilanciare il "marchio Bologna"?
Trieste: marketing territoriale o ambizioni da capitale della cultura?
Cagliari: Massimo contro Massimo
Reggio Calabria: investimenti o fare sistema
Catanzaro: il più giovane candidato sindaco di un capoluogo di provincia
Siena: una capitale per Rozzi e Rinnovati
Varese: tra gruzzolo e patrimonio
Considerazioni finali e provvisorie